21

Il resto della giornata fu infernale quanto nessuna nella mia carriera. Più tardi, quella mattina, aiutai un soccorritore a estrarre il corpo di un vecchio senzatetto che era rimasto sepolto sotto il crollo del corridoio che portava alla Lexington. Quando lo afferrai per una gamba per metterlo nella sacca, l’arto si staccò dal corpo e per poco non caddi all’indietro. In realtà tutti e quattro gli arti erano stati smembrati dall’onda d’urto dell’esplosione. Fummo costretti a metterlo dentro pezzo per pezzo come un pollo squartato.

Come se non bastasse, passai il pomeriggio nell’obitorio improvvisato sul posto, insieme al medico legale, per stilare un elenco dei morti. L’obitorio era stato allestito nel Campbell Apartment, un bar elegante ed esclusivo, ed era assurdo vedere i cadaveri coperti disposti in fila sotto un lampadario scintillante.

Il momento peggiore fu quando fu portato l’agente di polizia rimasto ucciso. Con una cerimonia privata, ai familiari in attesa furono consegnati i suoi effetti personali. Nel sentire i loro singhiozzi strazianti, capii che dovevo andarmene da lì. Uscii e mi diressi lungo uno dei binari deserti della Grand Central e rimasi per qualche minuto a scrutare l’oscurità con gli occhi pieni di lacrime. Alla fine me li asciugai e tornai al lavoro.

Quel pomeriggio mi incontrai con Miriam sul semirimorchio del centro operativo mobile parcheggiato sulla Quarantaduesima presso l’ingresso principale della Grand Central. Vidi un’orda di giornalisti assiepati dietro le transenne sul lato sud della strada, verso il cavalcavia. Esponenti dei media nazionali. Ma anche gli altri sarebbero arrivati presto per raccogliere i loro maledetti contributi sonori da quell’inferno.

«Abbiamo chiesto alla Verizon di controllare i movimenti delle cellule telefoniche più vicine per vedere se è stato usato un detonatore attivato da un telefono cellulare» mi disse Miriam. «I nostri stanno recuperando i nastri delle telecamere di sicurezza degli esercizi commerciali di tutto l’isolato. I primi testimoni hanno detto che un grosso camion si è fermato verso le sette. Un senzatetto che dorme nella rientranza dello sportello del bancomat sull’altro lato della strada ha detto di aver visto un tizio che spingeva un carrello a mano con sopra qualcosa, prima dell’esplosione iniziale.»

Miriam si interruppe e mi guardò con un’espressione strana. Poi mi attirò più vicino.

«E non è tutto, Mike. Senti questa. Stamattina è arrivata una lettera, al reparto. Era indirizzata a te. L’ho fatta esaminare ai raggi X prima di aprirla. Era un messaggio scritto a macchina. C’erano la data di oggi e due parole: ’Per Lawrence’.»

Chiusi gli occhi e sentii i capelli rizzarsi sulla nuca.

Indirizzata a me?

«Per Lawrence?» chiesi. «Cosa diavolo...? Ma non ha senso. Non c’è una logica, né una richiesta di riscatto. Perché indirizzarla a me

Miriam si strinse nelle spalle mentre Flaum, il capo dell’Intelligence, usciva dal centro operativo mobile.

«La ATF sta mandando i suoi uomini sul posto perché ci aiutino a identificare l’esplosivo» annunciò. «Sei ancora convinto che si tratti di un criminale isolato, Mike? Ritieni possibile che una persona da sola possa causare un danno del genere?»

Prima che potessi rispondere, il sindaco uscì dal centro operativo, accompagnato dai comandanti dei vigili del fuoco e della polizia.

«Buongiorno a tutti» disse il sindaco, parlando in un microfono. «Sono molto dispiaciuto di dovermi rivolgere a voi in una giornata così infausta nella storia della nostra città» disse.

Mai dispiaciuto quanto me, pensai, sbattendo gli occhi per difendermi dai lampi accecanti dei flash.

Verso le quattro ero al Bellevue Hospital, dove avevo appena finito di interrogare un’anziana donna cinese che aveva perso un occhio nell’esplosione, quando mi squillò il cellulare.

«Mike, mi dispiace tanto disturbarti» disse Mary Catherine. «Con tutto quello che sta succedendo, so che non è il momento, ma...»

«Cosa c’è, Mary?» risposi, brusco.

«Stanno tutti bene, ma siamo all’ospedale. Al St. John’s Episcopal.»

Abbassai il telefono per un istante e inspirai a fondo. Un altro ospedale? Un altro problema? Era assurdo.

«Dimmi cos’è successo.»

«Si tratta di Eddie e Ricky. Si sono azzuffati con quel Flaherty. Ricky ha avuto la peggio, cinque punti al mento, ma sta bene. Davvero, stanno tutti e due bene. Ti prego, non ti preoccupare. Come vanno le cose laggiù? Dev’essere una situazione terribile.»

«Non è così grave» risposi, mentendo. «Anzi, adesso vengo via. Tra poco sono lì.»

Conto alla rovescia: Un caso di Michael Bennet, negoziatore NYP
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