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In qualche modo riuscii a coprire il resto del tragitto sano e salvo e verso le nove e mezzo arrivai sul luogo dell’attentato più vicino, tra la Cinquantanovesima e la Quinta Avenue.

La zona di fronte al Plaza e a Central Park, di solito affollata di ricche signore e turisti impazienti di farsi spennare per una gita in carrozzella, adesso brulicava di uomini dell’Unità d’emergenza armati di fucili d’assalto, che avevano isolato l’angolo. Labrador addestrati alla ricerca di esplosivi avevano preso il posto dei chi-poo portati a spasso dentro le borse di Fendi.

Quando mi chinai per passare sotto il nastro che isolava la scena del crimine davanti al palazzo della General Motors, mi accorsi con fastidio di avere una telecamera della CBS News puntata addosso. Non potevo biasimarli se erano già lì, visto che, insieme alla ABC e alla NBC, sembravano essere loro l’obiettivo di quegli attentati.

Come se Tiffany e gli studi dei grandi network non fossero un bersaglio abbastanza visibile, sull’altro lato dello spiazzo si trovava FAO Schwarz, il negozio di giocattoli famoso in tutto il mondo, come pure l’originale cubo trasparente del favoloso Apple Store sotterraneo.

Trovai il vicecomandante della squadra Artificieri, Brian Dunning, inginocchiato all’angolo sud-orientale dell’incrocio davanti a un semaforo annerito dall’esplosione. Sulla scena dell’attentato alla Grand Central, Cell mi aveva raccontato che Dunning, un giovane biondo con la faccia butterata, era rientrato da poco dall’Iraq, dove aveva prestato servizio in una squadra Artificieri dell’esercito. Poiché sembrava che adesso anche New York fosse in guerra, ero felice che stesse dalla nostra parte.

Il cestino dei rifiuti rovesciato accanto a lui presentava un foro nella rete di acciaio grande quanto un pompelmo. Sul marciapiede e sulla strada tutto attorno erano sparpagliati quelli che sembravano coriandoli. Mi ricordavano la carta dei mortaretti dopo il Quattro di luglio. Ne raccolsi alcuni per guardare meglio.

«È cartone» disse Dunning, alzandosi. «Viene da un bicchiere di caffè, direi. Che passerebbe del tutto inosservato in un cestino dei rifiuti. Un ordigno esplosivo improvvisato deve sembrare assolutamente innocuo.»

«Era esplosivo al plastico come l’ultimo?» chiesi.

Dunning annusò il pezzetto di cartone.

«Dinamite, direi, così su due piedi. Uno o due candelotti con un detonatore elettrico attivato da un telefono cellulare. Il tutto nascosto dentro un bicchiere di caffè. Questo pazzo è davvero in gamba, devo dargliene atto.»

Fantastico, mi dissi. Il nostro uomo usava nuovi materiali. O forse, pensai, con un sospiro, sarebbe potuto essere qualcun altro che, preso dall’entusiasmo del momento, aveva deciso di imitarlo.

Altre domande senza risposte. Sai che novità.

Raggiunsi il mio capo che stava parlando con alcuni membri della redazione dell’Early Show, tutti molto scossi.

«Pare che nessuno abbia visto niente, Mike» disse Miriam mentre andavamo verso l’angolo. «Hanno un servizio di sicurezza qui sulla piazza, ovviamente, ma non deviano il traffico pedonale. Quelli della nettezza urbana dicono che l’ultima raccolta è stata effettuata stamattina alle cinque. Il nostro uomo deve aver gettato il bicchiere di caffè dopo quell’ora, probabilmente mentre aspettava che il semaforo diventasse verde. Quest’uomo è un fantasma.»

Riesaminai velocemente la teoria del doppio emulatore su cui Emily e io stavamo lavorando.

«Non sta emulando soltanto il Figlio di Sam» dissi. «Negli anni Quaranta un dipendente frustrato della Con Edison di nome George Metesky piazzò bombe nei teatri e nei luoghi pubblici. Per sedici anni continuò a far esplodere bombe rudimentali confezionate con la polvere da sparo. Alcuni posti sono gli stessi in cui ha colpito il nostro uomo. La biblioteca civica, il Rockefeller Center, la Grand Central. Tutto corrisponde, capo.»

Lei scese dal marciapiede. Per qualche istante restammo a guardare l’Empire State Building giù per la Quinta.

«Stai dicendo che quest’uomo non è un semplice psicopatico violento?» disse.

Annuii. «Abbiamo a che fare con un estimatore del crimine fuori di testa e molto preparato che sta rendendo omaggio a coloro che ammira.»

Conto alla rovescia: Un caso di Michael Bennet, negoziatore NYP
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