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La mattina seguente andai al lavoro presto. Il che, se sei in vacanza nella parte più remota del Queens e vuoi evitare il traffico diretto in città, significa mettersi per strada alle cinque e mezzo.

Non avevo dormito molto grazie alla consegna notturna del blocchetto di cemento da parte del comitato di benvenuto di Breezy Point. I miei ragazzi erano piuttosto scossi e anch’io lo ero, anche se non volevo ammetterlo. In effetti il giovane Flaherty sembrava un po’ pazzo e io, più di chiunque altro, sapevo di cos’erano capaci i pazzi.

Dopo l’episodio, avevo chiamato il Centesimo Distretto, che mezz’ora più tardi aveva inviato sul posto una volante. Avevamo stilato un rapporto, ma dall’espressione perplessa del responsabile del turno avevo avuto l’impressione che trovare i colpevoli non figurasse tra le sue priorità. Con buona pace della cortesia professionale. La cosa migliore che potevamo fare era chiamare qualcuno che venisse a riparare la finestra in giornata e sperare che la cosa finisse lì.

Prima di mettermi al volante controllai il BlackBerry e scoprii che la riunione era stata spostata dal quartier generale della polizia alla nuova, elegante sede dell’ufficio Antiterrorismo della polizia al confine tra Brooklyn e il Queens. Per quanto fossi felice di dover affrontare un viaggio più breve, non mi piaceva la rapidità con cui il caso si stava evolvendo. Le mie residue speranze di salvare quanto restava delle mie vacanze sembravano affievolirsi sempre più rapidamente.

Mentre andavo all’appuntamento, Miriam mi propose di incontrarci per colazione in un diner vicino al quartier generale dell’Antiterrorismo per fare il punto. Arrivai per primo e conquistai un tavolo con vista sul deposito di uno sfasciacarrozze.

Il televisore dietro il bancone, sintonizzato su Channel Two ma con l’audio azzerato, trasmetteva un servizio sulla bomba. Una ripresa dall’alto della biblioteca assediata dai poliziotti lasciò il posto a una reporter carina che trasmetteva da una postazione mobile davanti alle transenne della polizia.

Un camionista seduto nel séparé vicino mi guardò male quando emisi un lamento a voce alta davanti alla tazza di porcellana bianca. Sapevo che sarebbe successo. La pressione dei media significava pressione sul sindaco che, come avevo imparato a mie spese, si sarebbe rapidamente incanalata in una direzione... e cioè verso il basso, direttamente su di me.

Una decina di minuti più tardi, vidi Miriam, il mio capo, scendere dalla sua Honda. Elegante, atletica e tranquilla al punto da risultare irritante, Miriam sembrava più un’attraente madre della media borghesia che un poliziotto cazzuto.

Nonostante mi avesse richiamato in servizio mentre ero in vacanza, il mio nuovo capo continuava a piacermi. Dirigere la squadra Grandi Crimini, la Delta Force del Dipartimento di polizia di New York, era un compito quasi impossibile. Non solo la testa di Miriam era costantemente a rischio nei casi di più alto profilo, ma lei doveva pure guadagnarsi il rispetto e la lealtà dei detective migliori del dipartimento, che spesso si comportavano come prime donne.

In un modo o nell’altro, Miriam, che era un’ex pilota dell’Air Force, riusciva a cavarsela con grande intelligenza, umorismo e tatto. Inoltre sosteneva sempre i suoi, incondizionatamente, e non tollerava stronzate da nessuno. Me compreso, purtroppo.

«Novità?» mi chiese, sedendosi.

«Vediamo... il titolo sulla prima pagina di oggi dovrebbe essere: ’Poliziotto in vacanza fottuto da un caso’.»

«Ehi, guarda che io ti capisco. Mi stavo gustando un fuzzy navel a Cape Cod quando mi hanno chiamato.»

«Con qualcuno che conosco?» chiesi.

«Una gentildonna non fa nomi» rispose lei facendomi l’occhiolino con aria maliziosa. «E comunque, spero che tu ti sia lucidato le scarpe. Alla riunione parteciperà Sander Flaum dell’Intelligence, e anche Ciardi, il capo dell’Antiterrorismo, oltre a un branco di federali isterici. Oggi tocca a te parlare, quindi non lasciarti mettere in difficoltà.»

«Frena. Un momento» dissi. «Sono il titolare del caso? E quando le faccio, le vacanze? Di notte?»

«Ah, Mike» disse Miriam mentre la cameriera le versava un caffè. «Voi irlandesi siete così bravi con le parole... Yeats, Joyce, e ora tu.»

«Per essere una bella ragazza ebrea di Brooklyn, sei piuttosto abile con le sviolinate, quando serve» ribattei. «Dico sul serio, due titolari? Perché due carichi da novanta su un unico obiettivo?»

«Il laboratorio ci ha dato i risultati delle analisi sull’esplosivo. Si tratta di T-4, dall’Europa, a quanto pare dall’Italia. Tu sai come si agita il commissario quando sente parlare di qualcosa anche lontanamente collegato al terrorismo.»

Il nuovo commissario, Ken Rodin, era un ex poliziotto di quartiere della vecchia scuola, un tipo bellicoso che se ne andava ancora in giro con una .38 nella fondina da caviglia sopra le scarpe italiane fatte a mano. Ora che in città i reati erano diminuiti, la sua priorità – qualcuno la definiva ossessione – era prevenire un altro atto terroristico durante il suo mandato. E non era un’idea così paranoica come potrebbe sembrare, considerato che New York era ancora in testa alla top ten degli obiettivi delle organizzazioni terroristiche.

«Anche se è ancora tutto da dimostrare che si tratti di un’azione terroristica, per il momento dobbiamo attenerci alla procedura prevista dallo stato di allerta DEFCON 1. È tutta la notte che il mio BlackBerry continua a squillare.»

«Ci sarà anche McGirth?»

Tom McGinnis, altrimenti detto McGirth per il suo fisico non proprio esile, era il capo dei detective del dipartimento, il capo di Miriam, e forse il più grande rompiballe arrivista di tutto il Dipartimento di polizia di New York.

Miriam alzò gli occhi al cielo annuendo.

«Cosa ne è di tutte quelle stronzate sulle politiche interne del dipartimento?» domandai. «Cosa ne è del pistolotto del commissario dello scorso mese, di tutti quei discorsi sul fatto che il sindaco vuole un nuovo ruolo per la Grandi Crimini? ’Siate aggressivi col crimine, niente politica, pensate solo ai risultati’? Te lo sei già dimenticato?»

«No... ma purtroppo il sindaco e il commissario non parteciperanno alla riunione» rispose Miriam. «Tocca a noi occuparci dei tirapiedi del dipartimento. Ma perché dico noi? È compito tuo, Mike, visto che sarai tu a fare rapporto sul caso.»

«Capitano proprio tutte a me, le fortune» osservai, sorseggiando il caffè, mentre il sole faceva capolino sopra le macchine sfasciate fuori dalla finestra.

Conto alla rovescia: Un caso di Michael Bennet, negoziatore NYP
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