96
«È stato il cuore?» chiese Apt alla fine.
«No. Pare si sia suicidato. Quando lo hanno arrestato aveva una specie di pillola nascosta in bocca. Almeno questo è quanto afferma la polizia.»
Carl pensò a ciò che aveva appreso. Pensò a Lawrence che era morto solo. Il suo amico. Gli si spezzò il cuore. Se solo avesse potuto essere con lui.
«Carl, è ancora lì?»
«Sì» rispose Apt, senza lasciar trasparire la grande tristezza che lo aveva pervaso. «E adesso?» chiese.
«Per prima cosa, nel caso questa conversazione venga registrata, vorrei chiarire che io, Allen Duques, non sono in alcun modo complice di alcuna attività illegale, ma sto semplicemente eseguendo quanto disposto dal testamento di Lawrence M. Berger, di cui sono l’unico esecutore.»
«Sia quel che sia» disse Apt. «Dove sono i soldi?»
«Sì, certo. Davanti a lei, in fondo al corridoio, c’è il mio ufficio. Lo vede?»
Apt attraversò la sala e aprì una porta a vetri.
«Ci sono.»
«Perfetto. Sul divano di pelle ci sono due valigette.»
Apt accese la lampada sulla scrivania.
«Le valigette nere?» chiese Apt quando le vide.
«Sì.»
Apt le aprì senza controllare che non fosse una trappola. L’idea che Duques potesse far saltare in aria la propria casa cui aveva dedicato una cura maniacale era risibile. Le valigette erano piene di biglietti da cento dollari. Una quantità enorme. Mazzetta sopra mazzetta.
«Mi scuso per la quantità di banconote. Avrei preferito effettuare un trasferimento diretto su un conto bancario di sua scelta, ma la visita che ho ricevuto oggi dalle autorità rende difficilmente praticabile questa soluzione. A dire il vero Lawrence aveva previsto questa eventualità e per precauzione mi aveva chiesto di seguire proprio questa procedura. Credo che ci sia un biglietto per lei nella valigetta alla sua sinistra.»
Apt l’aprì e trovò un biglietto di cartoncino molto pregiato. Sorrise nel vedere la calligrafia curata di Lawrence e la sua firma in inchiostro verde.
Carl, amico mio carissimo.
Grazie. Solo tu potevi far sì che i miei ultimi giorni di vita fossero anche i più belli.
Non smettere mai di imparare.
Lawrence
«Il signor Berger voleva che lei fosse felice, Carl» gli disse la voce di Duques all’orecchio. «Parlava sempre di lei in tono molto affettuoso.»
Prima di rimettere il biglietto nella valigetta, Apt abbassò il telefono per asciugarsi una lacrima col pollice. Era terribilmente commosso. Alla fine Big L aveva fatto la cosa giusta. Il suo buon amico aveva fatto ben più che prendersi cura di lui. Come poteva aver dubitato di questo, anche solo per un istante?
«Carl, prima che mi dimentichi, il signor Berger ha lasciato un messaggio per lei. Ha detto, e cito le sue testuali parole, che non deve preoccuparsi dell’ultimo nome sulla lista. Qualunque cosa significhi, ha detto che lei avrebbe capito.»
Apt ci pensò su. C’era qualcosa che non quadrava. Lawrence si era dimostrato eccitatissimo proprio per quell’ultimo nome sulla lista. Che avesse avuto un ripensamento?
«Ne è sicuro?» chiese.
«È stato molto categorico su questo. Consideri di aver reso appieno i suoi servigi. Si goda la sua ricompensa. Se l’è meritata. Dal momento che questa è l’ultima volta che ci sentiremo, è stato un piacere conoscerla.»
«Anche per me, Allen. Ho solo un’ultima domanda da farle.»
«Dica.»
«Dove tiene le chiavi della S65?»
«La mia macchina nuova?» farfugliò l’avvocato. «Perché? Non ha niente a che vedere con i nostri accordi.»
«Ritengo che dovremo fare un nuovo accordo.»
«Non capisco.»
«Cosa ne dice di questo?» rispose Apt. «Io mi prendo la S65 e lei, quando torna a casa, non si trova davanti un cratere fumante.»
Seguì un breve silenzio.
«Sono appese dietro la porta della dispensa» disse Duques e riattaccò.
«È stato un piacere fare affari con lei» disse Apt nell’oscurità, tornando verso la cucina.