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Il Novenio alternative non ne aveva avute.
Giovenca era quasi arrivata al soglio delle lacrime descrivendogli il travaglio interiore in cui era caduta quando aveva visto allontanarsi così all’improvviso la soluzione dei loro problemi, “La nostra felicità in fin dei conti!”, e nell’arco di pochi secondi, il tempo di leggere la comunicazione del Notaro.
Novenio aveva ribattuto tentando di dissuadere Giovenca, raccontando che la tisana che s’era portato al seguito produceva fastidiosi mal di pancia e altrettante fastidiose flatulenze, ma Giovenca aveva insistito dicendo che se in quella casa c’era qualcuno che aveva bisogno di tranquillità non era certo la Primofiore, o perlomeno non solo lei.
Quella, chiusa nella sua stanza come se fosse in un mondo a sé, non aveva alcuna preoccupazione. Al contrario di loro due, era libera di vivere i propri sogni e, in un certo qual modo, felice.
Lei invece…
E a dimostrazione di quanto avesse bisogno di serenità in quel momento, aveva allungato al Novenio il biglietto del Notaro Giovio.
Ci fosse stata almeno una data precisa cui aspirare, un traguardo che avrebbe permesso a entrambi di contare i giorni che mancavano alla tanto sospirata felicità!
Così invece era come navigare a vista, senza la sicurezza di un approdo.
Letto il biglietto e assediato dalle lamentele della ragazza, il Trionfa si era sentito improvvisamente privo di argomenti.
Giovenca l’aveva interrogato con uno sguardo supplice, ricordandogli che la loro unione, benché non fosse ancora benedetta dall’alto dei cieli, prevedeva il reciproco aiuto, nel bene e nel male.
Lui, onde evitare guai, aveva risposto versando il contenuto del bottiglino sul pavimento del salone.