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Andata e ritorno.
La Rebecca, non più tardi di mezz’ora dopo, cominciò davvero a credere che nel paese ci fosse el diàol.
Orco sciampìn, la Stampina era appena andata via e adesso era ancora lì!
Aggrappata al cancello della canonica, con gli occhi fuori dalle orbite, che annaspava dicendo qualcosa che lei non riusciva a capire perché la sorpresa le aveva tappato anche le orecchie.
Poteva mica lasciarla lì a gridare come se c’avesse il fuoco di sant’Antonio!
O bèla!
Volò alla porta della canonica e l’aprì.
«Stampina, se gh’è?»
Ma la Stampina sembrava avesse esaurito ogni energia. Aveva la stessa faccia di quelle donne che stavano ai piedi della croce su uno dei tanti affreschi del santuario della Madonna di Lezzeno: sfinita dal dolore e dalla fatica.
La fece entrare.
«Venite dentro.»
Minimo un cordiale.
Ma la Stampina rifiutò.
«Ci vuole ben altro» affermò.
«Ciàmi el dotòr?» chiese la Rebecca.
«Sì, ma quel di màt» rispose la Stampina.
«Il Geremia?» intuì la perpetua.
Proprio, il Geremia.
Che in quel preciso istante si trovava assiso nello studio del direttore del cotonificio, ingegner Capua Vittorio.
«A fa’?»
«Scoltìi» consigliò la Stampina.
Perché lo stesso ingegner Capua Vittorio era appena uscito da casa sua dopo aver chiesto lumi su quello che doveva fare.
«Cioè?» chiese la perpetua.
Cioè se accettare la richiesta di licenziamento del Geremia oppure no.
«Licenziarsi! Ma l’è màtt?» proruppe la Rebecca.
Il direttore le aveva detto che il Geremia gli aveva raccontato delle sue prossime nozze e anche di un nuovo lavoro nel ramo del commercio…
«Ossignòr!» esalò la Rebecca portandosi una mano alla bocca.
… quindi voleva sapere da lei, visto che gli era noto che il giovanotto non aveva tutti i giovedì al loro posto, se la cosa corrispondesse al vero oppure fosse frutto di fantasia.
Con la scusa di un problema in un reparto, il signor ingegner Capua Vittorio si era allontanato lasciando il Geremia nel suo ufficio ed era volato a casa sua per chiedere cosa dovesse fare: non voleva avere sulla coscienza il licenziamento di un operaio che sapeva essere l’unica fonte di sostentamento della famiglia.
«E alòra?» chiese la Rebecca.
Le aveva chiesto di andare nel suo ufficio a parlare col figlio.
Però…
«Però?» insisté la Rebecca.
«Se vo là al còpi» sentenziò la Stampina.
L’unico che poteva aiutarla era el sciòr prevòst.
Ma non c’era.
«Apunto» fece la Rebecca.
Ma incerta.
«O no?» indagò la Stampina.
«E be’…»
«C’è o non c’è?»
«C’è…» sussurrò la Rebecca, «e non c’è.»
Gli sguardi delle due donne si incrociarono. Implorante quello della Stampina. Eroico quello della perpetua che stava riflettendo circa l’opportunità di commettere una specie di peccato mortale, venir meno a un ordine di don Pastore.
D’altronde che ci fosse el diàol in paese non aveva dubbi ormai. E l’unico che poteva combatterlo coi suoi vaderetro era lui.
«Spetì chi» disse, «spettate.»
E partì orgogliosa come un alfiere in battaglia.