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Il prevosto non voleva certo dare a vedere che il risultato dell’ispezione nella merceria Ficcadenti fosse in cima ai suoi pensieri.
Di contro Rebecca non voleva passare per una dalla lingua lunga, incapace di tenere segreti e pensieri: quindi avrebbe risposto alle domande soltanto qualora il reverendissimo si fosse deciso a farle. E gli avrebbe anche sottoposto due questioni, due enigmi che, ne era certa, avrebbero risvegliato in lui una certa curiosità.
Guerra di nervi, quindi.
Chi avrebbe ceduto per primo?
Per stare lontano dalla tentazione di essere lui, il signor prevosto, stupendolo assai, comunicò al suo coadiutore, subito dopo la prima messa, che si sarebbe accollato il giro delle frazioni per le benedizioni natalizie: giro faticoso tra salite e discese, altre salite e altre discese, che per tradizione spettava al coadiutore e ai suoi giovani polpacci. Giro penoso anche, quell’anno, poiché gli sarebbe toccato entrare in case dove la guerra aveva già bussato portandosi via alcuni giovani e lasciandosi dietro un Natale di tristezze. Giro sgradito pure ai chierichetti che seguivano il sacerdote con l’acquasantiera e il sacchetto per le offerte, al punto che se lo giocavano a testa e croce. Comunicò la sua intenzione anche alla perpetua, che non fece commenti, limitandosi unicamente a un lieve scuotere di testa quando il sacerdote l’avvisò che non sarebbe tornato per pranzo: un’anima buona che gli offrisse qualcosa da mangiare, fosse anche solo un piatto di patate in insalata e un uovo sodo, l’avrebbe sicuramente trovata, e così avrebbe guadagnato tempo.
In sostanza significava che la perpetua avrebbe dovuto starsene l’intero pomeriggio in compagnia dei suoi pensieri e delle sue curiosità: intollerabile prospettiva per la Rebecca che trovò immediatamente un antidoto per vincere la snervante attesa del ritorno del sacerdote.
«Cosa ne dite» propose quando don Pastore fu pronto per partire, «se cominciassi a preparare il presepe?»
«Mi sembra un’ottima idea» fu la risposta.
Il sacerdote e i due malcapitati che avevano perso la gara del testa e croce non erano ancora a metà della scalinata che saliva verso il cimitero e, da lì verso Ombriaco, la prima delle frazioni del giro, che la Rebecca era già in cima alla scala per la quale si accedeva alla soffitta della canonica dove, in un baule, c’era tutto ciò che serviva ad allestire il presepe, compreso il muschio, vecchio di tre anni, secco e ingiallito.
Il posto del presepe era sempre quello, nel corridoio in fondo alla canonica. Cominciò con l’applicare al muro il magnifico cielo stellato su sfondo blu con la cometa piccola piccola nell’angolo in alto a destra proseguendo con il predisporre il solito panorama di collinette, pianure e con l’immancabile laghetto contornato di anatre e oche. A ogni aggiunta, la perpetua faceva due passi indietro per avere una visione d’insieme della sua creatura e cercare eventuali difetti. Posizionò i pastori: dapprima quelli più lontani, con la mano sulla fronte per guardare l’orizzonte e quelli che, stanchi per il lungo viaggio verso la stalla del nascituro, si riposavano per un po’, sdraiati sul muschio. Poi toccò a quelli con le greggi di pecore più vicini alla capanna dotata di due angioletti che reggevano la scritta GLORIA IN EXCELSIS DEO. Passato mezzogiorno, decise di fare un fioretto e saltare il pranzo per continuare a dedicarsi al presepe: era il momento più delicato e anche poetico, poiché adesso toccava agli illustri personaggi della sacra rappresentazione, la Madonna, san Giuseppe, il bue, l’asinello e i Tre Re.
Il Bambinello non le competeva: adagiarlo nella sua culla era compito del signor prevosto la sera della vigilia, poco prima di uscire dalla canonica per la messa di mezzanotte.
Fu in quel momento che alla perpetua venne una mezza idea. Con una mano sulla bocca, valutò se fosse malvagia o peccaminosa.
Non era né l’una né l’altra cosa, decise.
Se mai una veniale trappola nella quale, comunque, il signor prevosto sarebbe certamente caduto visto che da quando governava la sua casa aveva sempre ispezionato di persona il presepe ed emesso giudizi quasi sempre lusinghieri sulla sua abilità.
Quindi, scusandosi con la Madonna, san Giuseppe, il bue, l’asinello e i Re Magi, procedette senza ripensamenti all’azione.