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«S’è mica vista la Stampina?»
La domanda risuonò per l’ennesima volta nell’aria della cucina.
La Rebecca fece quasi finta di non sentire.
O bèla de rìt!
Ma cosa c’aveva el sciòr prevòst che da un paio di giorni non faceva altro che chiedere della Stampina?
E se s’era vista e se s’era non vista!
C’aveva bisogno di qualcosa che solo la Stampina sapeva fare?
Lei non era mica buona di servirlo in tutto quello che desiderava?
Bon, che lo dicesse!
E la Stampina se l’andasse a cercare da solo!
«No» rispose obbediente.
Dalla cena in casa Ficcadenti erano passati due giorni.
Sebbene, dopo aver mediato e raggiunto quel risultato, il prevosto aveva ritenuto di aver concluso il suo compito e che da quel momento in avanti fosse un affare che non lo riguardava più, un po’ di curiosità aveva subito cominciato ad assediarlo.
Un po’…
Un po’ tanta, in verità.
Tel lì, el diàol!
Non era mica di primo pelo, don Primo Pastore, e il diavolo, dopo tanti anni di sacerdozio, lo sapeva riconoscere benché lui si travestisse continuamente e usasse ogni arma per farlo cadere.
Come quella della curiosità che lo rodeva.
Avesse dato retta all’istinto, sarebbe andato di volata a casa della Stampina e avrebbe trovato la risposta che cercava di fatto cadendo nel diabolico tranello.
Vade retro, invece.
Tuttavia, se la Stampina fosse venuta lei in canonica a fare un minimo di relazione, non ci sarebbe stato niente di male.
Ma la Stampina sapeva una mazza e una mazza capiva.
Da un paio di giorni si trovava con un paio di muti in casa. Al suo povero marito c’era abituata. Ma al Geremia, che per sòlit almeno alle domande rispondeva, no.
Mangiare, mangiava.
In quei due giorni gli aveva portato colazione pranzo e cena a letto ritirando poi i piatti puliti che sembrava li avesse leccati.
Ma alla domanda: «Buono?», nessuna risposta.
Dormire anche, dormiva.
L’aveva spiato di notte, e sentito.
Ronfava!
A preoccupare la Stampina fu anche il fatto di non vedere il Geremia alzarsi per andare al cesso né sentirlo rumorosamente scoreggiare come spesso faceva senza tener conto di essere a tavola oppure alla presenza di estranei.
Era ancora lontana dall’idea che qualche diaolàda avesse preso possesso del giovanotto. Ma nel corso della seconda, insonne notte, il sospetto che quelle due streghette gli avessero messo qualcosa nel mangiare per fargli una magia fu più forte della sua volontà di non credere ai morti che ti tirano i piedi oppure che ti danno in sogno i numeri buoni per vincere alla lotteria.
Se entro la sera del giorno seguente, decise, il Geremia non fosse tornato a essere quello di prima, avrebbe preso lei l’iniziativa.
E, con le buone o con le cattive, quelle due stroleghe le avrebbero dovuto dire cosa avevano combinato al suo povero Geremia.