101
Don Filo Parigi non aveva minimamente sospettato che le intenzioni del Novenio fossero quelle di procurarsi un alibi inattaccabile.
D’altronde il giovanotto gliel’aveva contata per benino.
Quel padre disgraziato che non gli dava altro che titolacci e calci nel culo dal quale poteva ripararsi solo restando lontano da casa e vivendo alla ventura. Quel vivere di conseguenza così, senza arte né parte, che lo stava allontanando dai sacri principi imparati durante gli anni in seminario.
«Fino a quando mi daranno la forza per sopportare le avversità?»
Aveva bisogno di sentirsi utile, di non guardare più al giorno che nasceva come a un sacco vuoto e bucato.
Se gli avesse concesso ciò che chiedeva, in cambio di un piatto di minestra e un tetto sopra la testa per la notte, avrebbe ritrovato in sé sufficienti ragioni per camminare lungo la retta via.
Don Parigi l’aveva accontentato e, più di lui, era rimasto soddisfatto il campanaro Dondola.
Pure la Rigorina era caduta nella rete di Giovenca.
D’accordo che lei aveva una sorta di contratto morale con la Primofiore, le aveva confessato, ma non poteva nemmeno dimenticare di avere una sorella sola al mondo bisognosa di conforto e aiuto. Non si dava lo stesso caso della svanita di casa Coloni, ma Giovenca avvertiva la necessità di starle vicina per un po’ di tempo, soprattutto in quella fase, essendo repentinamente rimasta sola soletta e confusa circa ciò che l’aspettava. Già solitaria e chiusa di carattere, temeva che Zemia, in balia degli eventi e senza armi per affrontarli, potesse cadere in un pernicioso stato di abbandono e da lì in qualche malattia.
Vedeva quindi bene la Rigorina, aveva affermato Giovenca, che se lei le avesse procurato una persona di sicuro affidamento da affiancare alla Primofiore per qualche tempo, lei ne avrebbe approfittato per fornire assistenza alla sorella e aiutarla a decidere su cosa fare della propria vita.
Per una volta l’occhio lungo della Rigorina non aveva intravisto inganni nelle parole della sua protetta.
«Forse» aveva infatti risposto, «ho quello che fa per te.»
Doveva solo darle tempo per cercare. In Albate infatti sarebbe stato pressoché impossibile trovare qualche giovane che accettasse: troppe voci giravano attorno alla villa che, a causa della stravagante malattia della Primofiore, si voleva essere addirittura abitata da fantasmi e teatro di raccapriccianti apparizioni.
Nei dintorni, nelle case isolate dove le voci faticavano a giungere invece…