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O andava lui da lei oppure faceva venire lei da lui.
Alternative don Primo Pastore non ne aveva.
Nell’un caso e nell’altro c’erano solo svantaggi.
Andare lui da lei voleva dire esporsi a qualche occhio di spia e alle inevitabili supposizioni, chiacchiere e chissà cos’altro.
Già in più di una confessione aveva avvertito una crescente insofferenza nei confronti della Ficcadenti che aveva preso parte, scandalosamente sola, al veglione di Capodanno presso il Cavallino Bianco ballando con quasi tutti i maschi presenti, sposati e no, e s’era ripetuta la sera della Pesa Vegia partecipando a una festa presso l’atelier Boldoni su invito del sedicente conte Resega, divenuto assiduo frequentatore della merceria.
Invitarla in canonica peraltro voleva dire moltiplicare le paia d’occhi che l’avrebbero notata e altrettante vivaci fantasie che si sarebbero chieste cosa diavolo stesse succedendo in canonica dopo che la Rebecca era sparita per qualche giorno, la levatrice era andata avanti e indietro mattina e sera, la Stampina suonava al suo campanello in orari antelucani o crepuscolari.
Visto che l’esito della promessa che aveva fatto alla Stampina sarebbe comunque stato un bilancio in perdita, il prevosto propese per la prima delle due opzioni: sarebbe andato lui da lei, senza, per prudenza, far parola della sua missione alla perpetua.
Uscì dalla canonica la mattina dell’8 gennaio, sabato, affrontando il freddo e l’uniforme grigiore del pieno inverno, dopo aver chiesto per l’ennesima volta scusa all’alto dei cieli per ciò che stava per fare.