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“O dènt o foeu!” giudicò tra sé don Primo Pastore uscendo dalla casa del Geremia sotto lo sguardo insieme supplice e stupito della Stampina, cui per tutta risposta aveva detto: «Pregate il buon Dio che in questo paese non sia arrivato il diavolo!».
O dentro o fuori.
Nel senso che quella faccenda aveva troppi lati oscuri.
Ma guarda te se un anziano prevosto doveva preoccuparsi dei balordoni sentimentali di uno scriteriato come il Geremia o delle oscure mire di due sorelle.
Anzi, sorellastre.
Con una guerra in corso, giovani che morivano, altri che ne sarebbero rimasti segnati per la vita, famiglie distrutte dal dolore…
Basta, rifletté il prevosto.
Quindi, dentro!
A fondo per arrivare a capo del mistero.
O fuori!
E lasciare che le cose andassero per la loro strada.
Dentro però, avevano nel frattempo già deciso i suoi passi diretti, anziché alla volta della canonica, in direzione casa Ficcadenti.
Dentro.
Ma una volta giunto davanti alla porta della Premiata Ditta, don Pastore temette di dover star fuori. Nel senso pieno della parola. Fuori, cioè all’aria, al freddo anzi, perché lì, all’inizio di via Manzoni, il montivo che scendeva dalla montagna sembrava pieno di rabbia e rivestito di spine in grado di trapassare qualunque tessuto, figurarsi quello della tonaca di un povero prevosto!
Di campanelli non c’era traccia.
Cosa doveva fare?
Vosà, gridare?
Come un magnano qualunque?
Be’, ricordarsi che, anche se ormai il buio era fitto, indossava comunque l’abito talare.
Bussare?
Contro il portone della merceria che era spesso una spanna se non di più?
Fu il maresciallo Citrici, che come al solito sul far della notte usciva a fare un giro di controllo, a fornirgli la soluzione.
Complice il buio, e la veste nera del sacerdote che si celava in esso furtivamente, il Citrici, intravedendo qualcosa, sospettò che qualcuno stesse tramando un furto ai danni della merceria.
Lanciò, come da prescrizione, uno stentoreo “Altolà!”.
Mai don Pastore avrebbe immaginato che il grido del Citrici fosse rivolto a lui in persona. Continuò quindi a trapestare contro il portone cercando un sistema per farsi sentire da una delle due sorelle. Ma il suo ravanare fu interpretato dal Citrici come disobbedienza all’ordine. Quindi, sempre seguendo i dettami del regolamento, estrasse la pistola e tirò un colpo in aria, poi fece due passi verso quella figura bigia nel bigio della notte. Il prevosto nel frattempo sollevò appena un po’ le braccia, come poteva solo immaginare facessero gli uomini in stato di arresto, e scese con cautela i tre gradini che portavano alla merceria. In quel momento il Citrici lo riconobbe.
«Don Pastore!?»
«Maresciallo…»
Il Citrici, sempre con la pistola in aria, gli troncò le parole di bocca.
«Attenzione!» gridò.
Cigolando come se le stessero tirando il collo, la persiana corrispondente alla camera da letto di Zemia Ficcadenti si stava aprendo. La faccia di zafferano della donna comparve.
«Maresciallo, io…» aveva tentato di giustificarsi nel frattempo il prevosto.
Di nuovo il Citrici fu categorico.
«Venite via da lì!»
Don Pastore obbedì, un angelo cacciato dal paradiso. Il Citrici continuava a non guardarlo.
Piuttosto, ancora gridando come se ce l’avesse con qualcuno che solo lui vedeva, ordinò: «Non fate una mossa di più!».
Non ce l’aveva con lui, rifletté don Pastore. Dal buio una voce: «Ce l’avete con me?» chiese.
Era quella di Zemia Ficcadenti.
«Proprio» confermò il Citrici.
«Si può sapere cosa succede?»
Succedeva che se l’avesse spinta ancora un po’ verso l’esterno una delle due persiane si sarebbe scardinata dal muro per cadere di sotto.
«Cioè sulla vostra testa se non vi foste spostato da lì» spiegò il Citrici al prevosto.
Zemia tirò a sé l’imposta incriminata.
«Tutto questo baccano per una persiana?» chiese.
«Badate a come parlate» la invitò il maresciallo.
«E voi spiegatemi allora cos’è successo» ribatté la Ficcadenti.
«A me lo chiedete?» fu la domanda del Citrici.
Il prevosto a quel punto, le braccia di nuovo in posizione normale, intervenne.
«Ve lo spiego io se mi fate salire un minuto.»
Zemia sembrò riflettere un momento sulla richiesta.
«Un istante» disse poi, «mi metto in ordine e scendo.»
Al Citrici scappò una mezza risata.
«Volete che vi accompagni?» chiese a don Pastore.
«E perché mai?»
Il Citrici aveva ancora una maschera ilare.
«Potrebbe essere pericoloso!»
Il prevosto sospirò.
«Maresciallo…»