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Pieno come un uovo e camminando a zig-zag sotto una doppia luna che vedeva solo lui, il Notaro Editto Giovio aveva preso la decisione di andare alla villa dei Coloni, col che avrebbe anche avuto l’occasione di vedere di persona ciò che sino ad allora conosceva solo grazie alle parole del defunto maggiore, e il giorno seguente aveva prenotato il viaggio.
Il Sisino, trasporto passeggeri, non guardava in faccia a nessuno e non faceva sconti.
Aveva tabelle calcolate sulle distanze, il prezzo comprendeva il ritorno anche se il trasportato aveva chiesto un viaggio di sola andata, non prevedeva soste intermedie che non fossero concordate.
A scanso di equivoci, pagamento anticipato. Fregava niente, al Sisino, che il viaggiatore fosse un signor Notaro oppure un morto di fame qualunque.
Quindi, Notaro o no, le soste che aveva dovuto fare da Como fino alla villa del Coloni, il Giovio gliele avrebbe dovute pagare.
Quattro.
Il Sisino le aveva segnate su un calepino, con tanto di località, caso mai.
Capelèta.
Sàss di mònegh.
Al scursòn.
L’acqua vègia.
E tutte per pisciare!
El sciòr nodàr aveva la pisciarola. E il mestèe, aveva notato il conducente, gli bruciava anche assai, perché sia in partenza di pisciata sia in chiusura il Giovio aveva fatto facce che non erano proprio quelle della soddisfazione di chi finalmente svuota il merlo.
Nel contratto del trasporto Editto Giovio aveva fatto comprendere anche l’attesa per poi riportarlo a Como. Il Sisino, anche lì, aveva preteso di sapere quanto tempo. Il Giovio non aveva saputo definirlo: avrebbe pensato lui a tradurlo in chilometri e quindi in denaro.
Un affarone!, aveva calcolato il Sisino quando aveva visto il suo cliente avviarsi alla volta del cancello.
Lento come una tartaruga.
Disorientato addirittura. Come se non avesse ben chiaro dove fosse finito e stesse cercando di capirlo.
Una volta al cancello, Editto Giovio s’era attaccato alle sbarre e, dalle spalle, il Sisino aveva compreso che stava tirando respiri come un mantice. Poi aveva preso dalla tasca un fazzolettone e s’era asciugato il cranio. Quindi s’era girato verso di lui come se volesse chiedere qualcosa. Una scuffia di aria gli aveva scompigliato i capelli, lui aveva aperto la bocca come se volesse mangiarsela, quindi, come vivificato, aveva aperto il cancello e s’era avviato.
Ma sempre lento e con le gambe larghe manco fosse ubriaco.
Quando il Notaro era sparito dentro la villa, il Sisino aveva calcolato che solo quell’indugiare del Giovio poteva valere tre o quattro chilometri come minimo e, di quel passo, avrebbe intascato una giornata da marcare sul calendario.
Quindi, disponendosi all’attesa, s’era sputato sulle mani per la soddisfazione e s’era stravaccato nel prato che contornava la villa, un filo d’erba in bocca e gli occhi chiusi. Infine, grazie anche all’ombra di un enorme noce che l’aveva gentilmente coperto, s’era lasciato cadere in un sonno privo di sogni mentre il Giovio, per la seconda volta da che era entrato nella villa, chiedeva alla Giovenca il permesso di usufruire del luogo comodo.
Cosa diavolo gli stava succedendo, il Notaro non riusciva a capirlo.
Capiva però che tutta quell’impellenza di andare a pisciare, quel bruciore che avvertiva prima, durante e dopo, in pratica sempre, gli toglieva lucidità impedendogli di mirare diritto allo scopo che s’era prefisso per quella mattina: fare intendere alla Giovenca che tipo di pagamento avrebbe preteso per i suoi servizi.
Alla terza visita nel luogo comodo, mentre a fronte di uno stimolo potente non aveva distillato che poche gocce che sembravano rivestite di spine, il Giovio sorrise amaramente: se anche la ragazza avesse inteso chiaramente il suo scopo e si fosse adattata, si era chiesto, cosa se ne sarebbe fatta di un piscetta qual era lui in quel momento?
Era ritornato nell’ampio salone che conservava ancora un ricordo dei due funerali che aveva ospitato nella traccia di un odore macerato di fiori, dove la Ficcadenti l’aveva ricevuto e, tra una pisciata e l’altra, aveva seguito le sue contorsioni linguistiche che avevano il solo scopo di annebbiarne ancora di più la mente esaltando la sua figura di salvatore della patria e dell’eredità.
«In pratica» aveva detto, sedendosi e strizzando gli occhi perché gli era sembrato che la Giovenca si stesse sdoppiando, «dobbiamo sistemare la matta, eliminarla dall’asse ereditario, intendo, e per farlo c’è una sola via.»
Era forse la stessa cui oscuramente poche sere prima aveva accennato il Novenio?
«Quale?» aveva chiesto.
Il Notaro era stato criptico.
«Devo poter contare sul vostro silenzio e sulla vostra complicità» aveva detto. «Posso?»
«Fatelo, e ve ne sarò riconoscente» era scappato detto alla Ficcadenti.
In quel momento un altro riccio s’era dimostrato pronto per uscire. Quella risposta al Giovio aveva fatto intendere fin troppo. Per la soddisfazione s’era rilassato e una macchietta era comparsa sul suo pantalone.