1

Come, dove e quando l’avesse vista, lo sapeva il Signore.

Sta di fatto che, da quel momento, Geremia Pradelli non era più stato lui.

Ormai c’era un Geremia di prima e un Geremia di adesso.

Quello di prima aveva trentadue anni, un viso lievemente asimmetrico, spalle da muratore (sebbene dopo essere stato aiuto fornaio alle dipendenze dei fratelli Scaccola fosse entrato alle dipendenze del locale cotonificio), fronte alta sulla quale spiccava, a destra, un bozzo frontale, frutto di un colpo di scopa menatogli vent’anni prima dal padre, capelli neri, fitti e irti.

Era figlio di Stampina Credegna e di Amerisio Pradelli. Dal padre aveva preso le larghe spalle e l’asimmetria del viso. Dalla madre invece i capelli e soprattutto il carattere. Che era docile, di buon comando, tetragono alla fatica. Timoroso di Dio e dei suoi comandamenti che avevano nella Stampina una rigorosa ed esemplare interprete.

Benedetta donna, diceva di lei don Primo Pastore, prevosto di Bellano, e prediletta dal Signore!

Nel 1913 la Stampina s’era beccata il morbus hungaricus, come il dottor Pathé incapace di rinunciare al vezzo di un aulico parlare chiamava il tifo petecchiale, e l’aveva trasmesso al resto della famiglia. A suo giudizio, più che la Carbotrofina, il Maxicalcium e il Pantasol prescritti dal medico, era stata la fede a salvare lei e i suoi dalla disperazione e dalla morte. Aveva infatti pensato che se il suo momento, o quello di uno dei suoi familiari, era arrivato, lei, come loro, avrebbe dovuto serenamente accettare il destino.

Però quale fosse il suo destino non poteva saperlo, a meno di non volersi presuntuosamente paragonare al Creatore. Quindi, scettica più che mai verso gli intrugli tra l’altro costosi del Pathé, s’era rivolta alla Madonna del santuario di Lezzeno sopra Bellano, pregando affinché aiutasse tutti e tre a superare la malattia. Se la sorte di qualcuno di loro fosse invece ormai segnata, la Stampina aveva offerto suo marito che, a sessant’anni, non aveva una giuntura che non fosse artrosica e in casa era utile quanto un soprammobile.

Poi aveva suggellato la preghiera con un voto solenne di cui aveva informato marito e figlio. Sul contenuto aveva mantenuto il segreto.

«A guarigione avvenuta, se guarigione ci sarà, ne verrete a conoscenza.»

Il primo a guarire era stato l’Amerisio. Tanta generosità dall’alto dei cieli aveva convinto la Stampina che presto la stessa benedizione sarebbe toccata anche a lei e al figlio, visto che l’uomo, senza l’aiuto di loro due, sarebbe morto d’inedia. Così infatti era stato, dopodiché la donna aveva svelato in cosa consistesse il voto: compattare una squadra di cinque, sei donne che, al suo comando, avrebbero settimanalmente provveduto alla pulizia della chiesa, intervenendo anche nelle occasioni in cui, a causa di pioggia o neve, il pavimento della prepositurale diventava lercio.

Il signor prevosto aveva accettato con vivo piacere quel servizio di cui la sua chiesa aveva così tanto bisogno, ma il voto della Stampina aveva previsto anche una parte da assegnare al figlio Geremia. Da quel momento in avanti, lui e non altri si sarebbe occupato del giardino della canonica al posto del sagrestano titolare, Aristide Schinetti, il quale, a detta del dottor Pathé, soffriva di “artrite tattica” con effetti collaterali devastanti su piante e fiori. Il Geremia aveva accettato di buon grado, e anche con un certo orgoglio, il compito di potare piante e rose, rasare il prato, seminare fiori, rinnovarli quando morivano e riparare muretti. Sarebbe stato un sagrestano perfetto, aveva più volte pensato il signor prevosto, considerando quanto fosse preciso, forte e anche nubile, condizione, quest’ultima, che aveva sempre ritenuto non esclusiva ma comunque di buon augurio per chi si avviava alla professione di scaccino.

E il Geremia, alla bella età di trentadue anni, era decisamente avviato su quella strada.

Guardando lavorare madre e figlio, il prevosto tirava dei bei sospiri e li lasciava tornare a casa solo dopo averli benedetti e assicurando loro che il Signore, quel dì che veniva per tutti, li avrebbe degnamente ricompensati.

Oltre all’impegno con le verzure della canonica, il Geremia aveva il suo bel lavoro, operaio al cotonificio con prevalenti mansioni atte a sfruttare la sua forza fisica: aiutava in magazzino, caricava e scaricava i vagoni dei treni che portavano all’interno dell’opificio la materia prima e ne ripartivano carichi con i filati pronti per essere definitivamente lavorati. Non aveva vizi. Ne avesse avuti gli sarebbe mancato il tempo per praticarli. Finito il turno filava diritto a casa per dare una mano alla madre, soprattutto per gestire quel padre anchilosato che, quand’era in giornata, muoveva da sé millimetrici passi, sennò bisognava caricarselo sulle braccia per portarlo a letto, al cesso, a tavola per mangiare, imboccato dalla Stampina.

Non erano pochi, in paese e in fabbrica, a mormorare che al Geremia mancava qualche giovedì. Era infatti difficile credere che un uomo regolare di zucca e borsa potesse andar contento solo di casa, chiesa e bottega.

Fosse anche stato così, il giovanotto non aveva mai dato segno che proprio quel giorno della settimana, così importante nel suo destino, fosse latitante.

Mai un litigio, un battibecco, un atto di ribellione.

Questo prima.

Dopo, invece, dopo aver visto chissà dove, come e quando quella, il Geremia era diventato un’altra persona. Dentro la zucca gli erano spuntate idee nuove e fantasiose.

La Stampina, passato un mese di patimenti, di preghiere, di invocazioni, di penitenze e di nuovi, eccentrici voti, decise che da sé non sarebbe riuscita a niente. Le ci voleva un alleato, qualcuno che le desse manforte, saggi consigli e, nel caso, agisse in vece sua per rimettere il Geremia in carreggiata. E l’unico cui poteva pensare era il signor prevosto. Una sera di fine novembre 1915 passò all’azione. Con una luna in cielo che sembrava l’asola di una tonaca, il silenzio quello di un cimitero, cimitero lo stesso paese, le cui rare finestre ancora illuminate sembravano il riflesso di una veglia funebre e ogni cosa, case, alberi, fin l’acqua del lago parevano stretti nell’irrimediabile gelo della morte, si incamminò alla volta della canonica.

Premiata Ditta Sorelle Ficcadenti
9788858660058_epub_cvi_r1.htm
9788858660058_epub_abs_r1.htm
9788858660058_epub_ata_r1.htm
9788858660058_epub_st_r1.htm
9788858660058_epub_tp_r1.htm
9788858660058_epub_cop_r1.htm
9788858660058_epub_htp_r1.htm
9788858660058_epub_fm_r1.htm
9788858660058_epub_fm1_r1.htm
9788858660058_epub_c01_r1.htm
9788858660058_epub_c02_r1.htm
9788858660058_epub_c03_r1.htm
9788858660058_epub_c04_r1.htm
9788858660058_epub_c05_r1.htm
9788858660058_epub_c06_r1.htm
9788858660058_epub_c07_r1.htm
9788858660058_epub_c08_r1.htm
9788858660058_epub_c09_r1.htm
9788858660058_epub_c10_r1.htm
9788858660058_epub_c11_r1.htm
9788858660058_epub_c12_r1.htm
9788858660058_epub_c13_r1.htm
9788858660058_epub_c14_r1.htm
9788858660058_epub_c15_r1.htm
9788858660058_epub_c16_r1.htm
9788858660058_epub_c17_r1.htm
9788858660058_epub_c18_r1.htm
9788858660058_epub_c19_r1.htm
9788858660058_epub_c20_r1.htm
9788858660058_epub_c21_r1.htm
9788858660058_epub_c22_r1.htm
9788858660058_epub_c23_r1.htm
9788858660058_epub_c24_r1.htm
9788858660058_epub_c25_r1.htm
9788858660058_epub_c26_r1.htm
9788858660058_epub_c27_r1.htm
9788858660058_epub_c28_r1.htm
9788858660058_epub_c29_r1.htm
9788858660058_epub_c30_r1.htm
9788858660058_epub_c31_r1.htm
9788858660058_epub_c32_r1.htm
9788858660058_epub_c33_r1.htm
9788858660058_epub_c34_r1.htm
9788858660058_epub_c35_r1.htm
9788858660058_epub_c36_r1.htm
9788858660058_epub_c37_r1.htm
9788858660058_epub_c38_r1.htm
9788858660058_epub_c39_r1.htm
9788858660058_epub_c40_r1.htm
9788858660058_epub_c41_r1.htm
9788858660058_epub_c42_r1.htm
9788858660058_epub_c43_r1.htm
9788858660058_epub_c44_r1.htm
9788858660058_epub_c45_r1.htm
9788858660058_epub_c46_r1.htm
9788858660058_epub_c47_r1.htm
9788858660058_epub_c48_r1.htm
9788858660058_epub_c49_r1.htm
9788858660058_epub_c50_r1.htm
9788858660058_epub_c51_r1.htm
9788858660058_epub_c52_r1.htm
9788858660058_epub_c53_r1.htm
9788858660058_epub_c54_r1.htm
9788858660058_epub_c55_r1.htm
9788858660058_epub_c56_r1.htm
9788858660058_epub_c57_r1.htm
9788858660058_epub_c58_r1.htm
9788858660058_epub_c59_r1.htm
9788858660058_epub_c60_r1.htm
9788858660058_epub_c61_r1.htm
9788858660058_epub_c62_r1.htm
9788858660058_epub_c63_r1.htm
9788858660058_epub_c64_r1.htm
9788858660058_epub_c65_r1.htm
9788858660058_epub_c66_r1.htm
9788858660058_epub_c67_r1.htm
9788858660058_epub_c68_r1.htm
9788858660058_epub_c69_r1.htm
9788858660058_epub_c70_r1.htm
9788858660058_epub_c71_r1.htm
9788858660058_epub_c72_r1.htm
9788858660058_epub_c73_r1.htm
9788858660058_epub_c74_r1.htm
9788858660058_epub_c75_r1.htm
9788858660058_epub_c76_r1.htm
9788858660058_epub_c77_r1.htm
9788858660058_epub_c78_r1.htm
9788858660058_epub_c79_r1.htm
9788858660058_epub_c80_r1.htm
9788858660058_epub_c81_r1.htm
9788858660058_epub_c82_r1.htm
9788858660058_epub_c83_r1.htm
9788858660058_epub_c84_r1.htm
9788858660058_epub_c85_r1.htm
9788858660058_epub_c86_r1.htm
9788858660058_epub_c87_r1.htm
9788858660058_epub_c88_r1.htm
9788858660058_epub_c89_r1.htm
9788858660058_epub_c90_r1.htm
9788858660058_epub_c91_r1.htm
9788858660058_epub_c92_r1.htm
9788858660058_epub_c93_r1.htm
9788858660058_epub_c94_r1.htm
9788858660058_epub_c95_r1.htm
9788858660058_epub_c96_r1.htm
9788858660058_epub_c97_r1.htm
9788858660058_epub_c98_r1.htm
9788858660058_epub_c99_r1.htm
9788858660058_epub_c100_r1.htm
9788858660058_epub_c101_r1.htm
9788858660058_epub_c102_r1.htm
9788858660058_epub_c103_r1.htm
9788858660058_epub_c104_r1.htm
9788858660058_epub_c105_r1.htm
9788858660058_epub_c106_r1.htm
9788858660058_epub_c107_r1.htm
9788858660058_epub_c108_r1.htm
9788858660058_epub_c109_r1.htm
9788858660058_epub_c110_r1.htm
9788858660058_epub_c111_r1.htm
9788858660058_epub_c112_r1.htm
9788858660058_epub_c113_r1.htm
9788858660058_epub_c114_r1.htm
9788858660058_epub_c115_r1.htm
9788858660058_epub_c116_r1.htm
9788858660058_epub_c117_r1.htm
9788858660058_epub_c118_r1.htm
9788858660058_epub_c119_r1.htm
9788858660058_epub_c120_r1.htm
9788858660058_epub_c121_r1.htm
9788858660058_epub_c122_r1.htm
9788858660058_epub_c123_r1.htm
9788858660058_epub_c124_r1.htm
9788858660058_epub_c125_r1.htm
9788858660058_epub_c126_r1.htm
9788858660058_epub_c127_r1.htm
9788858660058_epub_c128_r1.htm
9788858660058_epub_c129_r1.htm
9788858660058_epub_c130_r1.htm
9788858660058_epub_c131_r1.htm
9788858660058_epub_c132_r1.htm
9788858660058_epub_c133_r1.htm
9788858660058_epub_c134_r1.htm
9788858660058_epub_c135_r1.htm
9788858660058_epub_c136_r1.htm
9788858660058_epub_c137_r1.htm
9788858660058_epub_c138_r1.htm
9788858660058_epub_c139_r1.htm
9788858660058_epub_c140_r1.htm
9788858660058_epub_c141_r1.htm
9788858660058_epub_c142_r1.htm
9788858660058_epub_c143_r1.htm
9788858660058_epub_epi_r1.htm
9788858660058_epub_c145_r1.htm
9788858660058_epub_c144_r1.htm
content.html