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Il Tocchetti e il Galli, gli altri due titolari di merceria del paese, non erano amici. Mai un caffè o un bicchiere di vino bevuto assieme.
Si tolleravano, salutandosi appena.
Anni prima avevano stretto un accordo (“tra gentiluomini” l’avevano definito) sui prezzi, mantenerli sempre uguali in modo da evitare guerre fratricide, e sugli sconti.
Sconti, mai!
Abituavano male la clientela.
Le rispettive mogli, Blenda quella del Tocchetti e Cortèsia quella del Galli, non si parlavano nemmeno.
Secondo la Blenda, la moglie del Galli non poteva stare alla sua altezza per il fatto che spesso serviva al banco con il marito e gli dava una mano, evidenziando così un animo da bottegaia nonostante tutti gli orpelli coi quali si copriva per dare a intendere di essere nata bene. Viceversa, secondo Cortèsia, la Blenda era una lazzarona fatta e finita, fin troppo benvoluta dal destino perché l’ondata del tifo non s’era presa il marito che era stato lì per tirare la gambetta nonostante lei, per la vergogna di avere in casa un malato di quella porcheria, avesse continuamente dichiarato trattarsi di un pernicioso colpo della strega. Il Tocchetti l’aveva scampata e la Cortèsia spettegolava che non era certo stato grazie alle cure di quell’incapace del dottor Pathé: piuttosto il merito andava tutto a un misterioso specialista fatto venire apposta da Milano a suon di cento lire e nottetempo affinché nessuno vedesse e sapesse.
«Tuttavia» commentava spesso non contenta della maldicenza già seminata, «certe fortune si pagano prima o poi!»
E al momento buono, visto che preconizzava una ricaduta del Tocchetti, le sarebbe piaciuto vedere come la Blenda avrebbe fatto a mandare avanti la merceria.
Con l’arrivo delle Ficcadenti tanto astio non s’era dissolto ma era stato accantonato per cause di forza maggiore. I due mariti erano intervenuti presso le rispettive mogli lusingando e pregando. Era fondamentale che qualcuno, il giorno dell’apertura, andasse a spiare quel nuovo negozio, valutasse quelle merci di “altissima qualità”, quei “prezzi imbattibili”, cercasse insomma il pelo nell’uovo.
Ma non era certo un compito che potessero assolvere loro. Li avrebbe esposti al ridicolo. Peggio ancora, ne avrebbe leso la dignità.
Le mogli, invece.
Due donne, curiose com’era nella loro natura, esperte della materia e dalla ferrea memoria, cui nulla sarebbe sfuggito.
Blenda e Cortèsia, dopo una prima, doverosa titubanza, avevano accettato l’incarico. Erano uscite dalle rispettive case verso la metà pomeriggio del primo dicembre e s’erano confuse nella piccola folla che riempiva la merceria Ficcadenti.
Avevano valutato la merce. Sulla qualità, boh!, niente da dire, era eccellente.
I prezzi?
Se i rispettivi mariti non avessero proibito loro di spendere anche un solo centesimo, magari avrebbero potuto riferire qualcosa di più. Nel traffico di donne che andavano e venivano era stato difficile cogliere se ci fosse davvero un rapporto di convenienza tra la qualità della merce e il prezzo richiesto, in ogni caso le clienti avevano comperato, il “dlin” della cassa era risuonato più volte.
Tra le due, però, era nata spontaneamente una velenosa alleanza quando dietro il bancone era comparsa la seconda Ficcadenti, Giovenca.
La sua bellezza le aveva schiantate. L’eleganza, la disinvoltura, annientate.
Erano tornate a casa tenendosi a braccetto, come se temessero di non riuscire a reggersi in piedi. Ai mariti avevano riferito soltanto che a loro giudizio la nuova merceria della Premiata Ditta Sorelle Ficcadenti poteva essere una concorrente di tutto riguardo.
Dopo cena, sia la Blenda che la Cortèsia, avevano passato un tempo lungo davanti allo specchio, nella memoria la figura della Giovenca, per individuare i loro punti deboli, provando sorrisi e smorfiette e ispezionando poi l’armadio dove abbondavano i colori di una vita piatta e sempre uguale.
Il Tocchetti e il Galli erano rimasti nelle rispettive cucine a riflettere invece.
Sul tardi s’erano coricati con lo stesso pensiero in testa.
Premiata Ditta.
Da chi?
E perché?