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A dispetto del cognome, il segretario comunale di pazienza ne aveva davvero poca.
Sul lavoro poi, niente del tutto. Geloso del suo spazio, l’ufficio in cui si poteva entrare solo dopo che lui ne aveva concesso il permesso.
«Cosa c’è?» chiese bruscamente al messo Intrusi quando Giovenca Ficcadenti se n’era andata da pochi minuti.
Nonostante avesse un alto concetto di sé e del ruolo che rivestiva, e usasse ripetere che nello svolgimento delle sue funzioni era imparziale, non era riuscito a trattare la Ficcadenti alla pari di tanti altri che entravano nel suo regno per pietire spiegazioni o permessi tra i più vari. Aveva tentato di resistere all’effluvio profumato che s’era annunciato prima dell’apparizione della Giovenca e poi, quando l’apparizione s’era fatta carne sotto i suoi occhi, l’aveva invitata a sedere, cosa che anche il sindaco era restio a fare se non dopo un formale invito. Così aveva potuto guardarsela per bene senza dover alzare gli occhi e ingannando se stesso poiché, se l’avesse mantenuta in piedi, avrebbe dovuto derogare alla regola di parlare sempre tenendo gli occhi incollati alla scrivania. I due impiegati, ben sapendo che la faccenda della Ficcadenti era cosa che si poteva sbrigare in pochi secondi, avevano tenuto conto dei minuti che invece passavano e si erano permessi alcuni commenti. Almeno così era parso al Pazienza sentendoli mormorare e, volendo immediatamente recuperare la sua autorità, era scattato.
«Cosa c’è?» aveva chiesto.
«Non vorrei che ci fosse un errore e che poi qualcuno se la prendesse con me» rispose l’Intrusi.
«Che errore?» sbottò il Pazienza.
Lì da vedere, evidente.
O, perlomeno, secondo il messo.
La pubblicazione dell’atto riguardava le nozze tra Zemia Ficcadenti e Geremia Pradelli.
«E be’?» fece il Pazienza.
Ma se tutti in paese, e se non proprio tutti, la maggior parte sapeva che il Geremia s’era fidanzato con l’altra, quella bella?
Il Pazienza non staccò gli occhi dal suo impiegato. Gemevano disprezzo.
Come si poteva tenere in conto di notizie ufficiali chiacchiere che giravano nelle osterie e nei retrobottega?
Cos’era, il “Corriere delle Serve” aveva sostituito la “Gazzetta Ufficiale”?
«Nessun errore» sentenziò il segretario.
L’Intrusi non riuscì a contenere la meraviglia.
«Volete dire che…»
«Voglio dire» troncò il Pazienza, «che non c’è errore alcuno!»