112
«Lo ammazzo io!»
Il Geremia era saltato su dalla sedia, facendo prendere un colpo alle due sorellastre.
Dopo le ultime parole di Giovenca, nella sua fantasia si era scatenata l’immagine di certi angeli vendicatori che ogni tanto sbirciava in chiesa, la spada lucente, la chioma scompigliata dal vento.
Ci aveva pensato la stessa Giovenca a smorzare la luce di quella spada.
«Siete forse impazzito?» era sbottata.
Davvero in allarme, al punto da dimenticare l’uso del tu.
Ammazzarlo lui, a rischio di farsi beccare e trascorrere il resto della vita in galera, se non peggio?
E in ogni caso, anche ammesso di farla franca, come avrebbero potuto loro due vivere una vita serena con l’ombra di quell’orribile delitto sempre alle costole?, aveva proseguito la giovane cantando al Geremia una canzone già nota.
«Nemmeno per sogno» aveva stabilito.
Bisognava pensare a una soluzione che salvasse capra e cavoli e che mettesse nel sacco quell’orribile Notaro senza correre pericoli di sorta.
«E la soluzione» aveva comunicato Giovenca sottovoce, «c’è.»
«Cioè?» aveva chiesto il Geremia, goloso.
«Ci sarebbe.»
«C’è o non c’è?» aveva chiesto spazientito il Geremia.
La Giovenca l’aveva per intanto invitato a sedere di nuovo. Era infatti cosa che avrebbe potuto dare una vertigine.
«Se ve la dicessi così, vi sembrerebbe forse strana, addirittura inaccettabile. Il risultato di un mero, volgare calcolo fatto a tavolino che con le nostre intenzioni invece non ha nulla a che vedere» aveva risposto.
Per questo bisognava che ci si arrivasse per gradi, attraversando, grazie al resoconto che stava per fargli, le peripezie della sua vita. Solo così avrebbe avuto un quadro completo e chiaro della faccenda e compreso che là dove sembrava esserci una banale soluzione di comodo si celava invece l’unica possibilità per uscire da quel vicolo cieco.
Che si mettesse comodo quindi, perché poteva andare per le lunghe.
«Un altro goccetto di grappa?» aveva squittito Zemia.
E mentre Zemia mesceva, Giovenca aveva ripreso a parlare.
«Ecco, Geremia, dovete…» ma si era subito interrotta.
Se sua sorella versava grappa, a lei toccava servire miele per le orecchie del giovanotto.
«Sono talmente emozionata, talmente ansiosa anche di conoscere il vostro pensiero, le vostre reazioni una volta che conoscerete la verità, che continuo a usare il voi mentre tra di noi l’uso del tu si era già insinuato senza nemmeno bisogno di chiedere il permesso. Permettete che ci si ritorni?»
Al Geremia la grappa era andata per traverso.
Arrossendo: «Ma certo!» aveva risposto.
«Bene» aveva sorriso Giovenca.
Stava dicendo, allora…
«Ti stavo dicendo che c’è una cosa che devi sapere: sono sposata!»