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Il naso di volpe del Torsolo a un certo punto aveva cominciato a percepire odore di pericolo.
Quello che il Giovio lo mandasse a quel paese e non gli pagasse nemmeno gli arretrati, visto che non aveva scoperto un bel niente.
Non che, dopo qualche giorno, ci si fosse impegnato più di tanto. Anzi, convinto che quelle del Notaro fossero solo ubbìe, aveva ripreso in pieno la sua attività di bracconiere piazzando trappole e mettendo in conto al Giovio quel tempo.
A tutto però c’era un limite, soprattutto alla pazienza di un essere come il Notaro. Il quale, tra l’altro, poteva avvalersi di chissà quanti altri occhi di spia oltre ai suoi, e quindi venire informato che lui lo stava bellamente prendendo per il culo.
Aveva quindi ripreso, o meglio, s’era dato l’ordine di mettere in atto senza deviazioni le direttive del Giovio e la prima sorpresa l’aveva colto quasi subito, una mattina in cui una nebbiolina, quella stessa dentro la quale si nascondevano i fiati delle lepri, si era piano piano dissolta.
«O bella!» aveva esclamato, rimproverandosi anche, perché di ciò che aveva sotto gli occhi avrebbe potuto, anzi dovuto accorgersi molto prima.
Figurarsi, uno come lui che si accorgeva di un rametto appena spezzato o di una betulla scortecciata da qualche capriolo!
La villa Coloni si era rivelata ai suoi occhi in una maestosa e inquietante solitudine.
E, davanti a tutto quel silenzio, sorta di monumento naturale al mistero che segue alla fine di ogni cosa, umana o no che sia, quella pianta che il Torsolo, fosse stato più attento e più convinto dell’incarico che il Notaro gli aveva dato, avrebbe dovuto notare ben prima.
Piante del genere non se ne vedevano tante in giro.
Anzi.
Se ne volevi vedere una, dovevi andare a spiare nel giardino di qualche signore, quale appunto era stato il Coloni, o magari scendere a Como.
Perché i poveracci cosa se ne facevano?
Mica potevano riempirsi la pancia con il solo guardarne l’indiscutibile bellezza, soprattutto quand’era in piena fioritura.
Né infilarla in qualche camino o stufa, perché…
Il pensiero aveva attraversato la mente del Torsolo alla velocità di una lepre insospettita.
Si portò una mano alla bocca soffocando un sacramento. In quel preciso momento gli era sembrato di avere gli occhi di qualcuno addosso, tanto che si voltò a guardare.
Ma che…
«Calma» mormorò.
I pensieri, come le peste di una volpe sulla neve, avrebbero potuto portarlo molto lontano, confondersi allo scopo di confonderlo.
Valeva la pena seguirli per vedere dove andassero a parare, oppure tenerli a freno e obbligarli a niente altro che ubbidire agli ordini che aveva ricevuto: osservare e riferire?
Tuttavia, l’oleandro che aveva messo nel mirino dei suoi occhi, nel suo naturale mutismo raccontava più di qualunque discorso.