20
Il prevosto no, non ci credeva.
Anche se agitare ogni tanto lo spettro della dannazione davanti a qualche peccatore gli tornava utile.
Una volta entrato in casa Pradelli e dopo un breve conciliabolo con la Stampina, don Pastore aveva chiesto alla donna di lasciarlo andare avanti da solo. Voleva parlare con il Geremia, e a quattrocchi.
All’uscita del prevosto, cassati i preamboli: «Ma cosa mi hai combinato, Geremia!» il giovanotto finse di niente.
«Cosa?»
Il prevosto, didattico, glielo aveva spiegato.
«Mi hai ridotto il calicantus a uno scheletro. Ci vorrà un miracolo perché si riprenda. Perché l’hai fatto?»
La difesa del Geremia si limitò a ribadire la stessa domanda.
«Ma fatto cosa?»
Il prevosto invocò santa Pazienza.
«Tagliare quasi tutti i rami del calicantus e metterli sui gradini della merceria Ficcadenti. Li ho visti mentre venivo qua.»
Il giovanotto, nonostante l’età, arrossì come se si stesse incendiando. Ma negò ancora, recisamente.
«Non sono stato io.»
Il prevosto aggrottò la fronte.
Crapone, il Geremia.
Ma ingenuo, sciocco.
Inconsapevole delle trappole che la vita sapeva tendere.
Come quella che lui, con un pizzico di cattiveria – mica tanta, q.b., come scriveva il dottor Pathé sulle sue ricette – decise di allestire all’istante.
«Vuol dire allora che è stato un fantasma o qualcun altro. Ma siccome io ai fantasmi non credo, ritengo che sia stato qualcun altro. Mi spiace quindi di averti importunato e ti prego di scusarmi.»
Dopodiché fece la mossa di andarsene non prima di aver notato l’improvvisa espressione di sconcerto che era calata sul viso del Geremia. Dalla cui bocca uscì, pallida come il suo viso, una domanda precisa.
«Un altro chi?»
Il prevosto alzò le spalle. Il pesce aveva abboccato. Non che gli piacesse giocare così, anche i pesci erano creature del Signore. D’altronde non vedeva alternative.
«Che ne so. Un altro ammiratore!»
Il Geremia, che fino a quel momento era rimasto in piedi nella cucina di casa, di lato all’ossificato genitore attaccato alla stufa, crollò sulla sedia.
«Volete dire che ha già un fidanzato?» chiese con una voce già mezza rotta dal magone.
Il prevosto ragionò solo un momento. Gli avrebbe preso la testa tra le mani al Geremia che le trappole se le costruiva da sé per poi infilarcisi.
“Eh già” pensò, “un fidanzato!”
Ed ebbe all’istante due idee.
Buone entrambe.
La differenza stava nel fatto che la seconda implicava una bugia e, potendo, avrebbe evitato di commettere un peccato, anche se veniale.
«Non ho detto questo» disse, andandosene velocemente poiché temeva che quelle due idee, come spesso i sogni, si dileguassero.
Non l’aveva detto, però…