131
Dal mastello dell’Eleusina, il Torsolo usciva sempre come nuovo.
Non che lo facesse spesso, anzi.
Passavano mesi senza che ci andasse. E in quell’arco di tempo il Torsolo assumeva via via un odore pari a quello delle volpi che cacciava.
Quando ne aveva bisogno, però, l’Eleusina era sempre lì, pronta, disponibile. Il Torsolo le piaceva ancora, nonostante fossero passati anni dal loro amore giovanile, finito quando lei aveva dovuto confessargli che le piacevano troppo gli uomini perché si potesse accontentare di uno solo. E il Torsolo le aveva risposto con un’alzata di spalle, dicendole che non gli importava tanto di chi le passasse sopra, bastava che ci fosse spazio anche per lui. Al che l’Eleusina aveva ribattuto che, da quel momento in avanti, lui poteva considerare quella come la sua casa, e farci ritorno ogniqualvolta ne avesse bisogno. Aveva addirittura giurato davanti all’immaginetta di un santo senza nome e che nessuno conosceva, tranne lei.
«San Fiacre» assicurava, santo noto per l’abilità con cui guariva emorroidi e creste di gallo, cosa che anche lei faceva, soprattutto quelle ultime che prima attaccava ai suoi clienti e poi curava.
Santo miracoloso come, in un certo senso, l’Eleusina, dalle cui mani il Torsolo usciva appunto quasi come nuovo, grazie a un esercizio di brusca e striglia degno di un cavallo.
Anche i capelli, una bella scodella in testa e via.
Spidocchiamento.
Barba, a colpi di forbice prima e poi con un rasoio ottenuto in cambio di una prestazione.
Le unghie, dure come artigli e in perenne lutto.
Poi, magari, un lavoretto, ma con la mano, e solo se il Torsolo lo richiedeva.
E non era finita.
L’Eleusina gli sistemava i vestiti, lavandoglieli e rattoppandogli se c’era modo di rimetterli in sesto. Se no gliene dava di quasi nuovi, ottenuti sempre col vecchio sistema del baratto, do ut des: capitava spesso infatti che i suoi clienti, pur di giocare con lei all’animale a due schiene, non potendo pagare le lasciavano in pegno giacche, braghe o camicie.
La sera di mercoledì 2 febbraio il Torsolo aveva bussato alla porta dell’Eleusina. Non voleva andare a Como dal Notaro e incrociare ancora gente che lo guardasse come fosse il babau o che addirittura gli facesse spontaneamente l’elemosina.
«Cos’hai bisogno?» aveva chiesto lei, felice di rivederlo dopo una lunga latitanza.
«Tutto» aveva risposto lui.
Anche quel lavoretto di mano.