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«Dico per dire, fausto» commentò il maresciallo Citrici.
Perché, come era vero che il 16 giugno 1915 una compagnia di alpini del battaglione Exilles conquistava la vetta del Monte Nero, era altrettanto vero che durante il feroce assalto il sottotenente Ireneo Coloni restava gravemente ferito. Riportato al campo base era sopravvissuto due soli giorni e si era spento con i conforti religiosi.
«Un solo mese di matrimonio!» sbottò il prevosto.
«Teorico» commentò, più pratico, il Citrici.
Tra una cosa e l’altra, chiamata alle armi, partenza, arrivo sul fronte e il resto…
«Una settimana a farla grande» concluse.
«Così giovane e già vedova!» sottolineò il prevosto pensando alla Ficcadenti perché nemmeno a mente gli veniva di chiamarla Giovenca.
«Appunto» sospirò il maresciallo.
Poteva essere un sospiroso omaggio alla memoria del sottotenente e di tutto quel ben di Dio che non aveva potuto godere. Ma il Citrici aveva insinuato nella voce un tono di sospetto.
Fatti che non lo riguardavano direttamente, che fosse ben chiaro. Ma un uomo di mondo non poteva fare a meno di chiedersi alcune cose.
«Quali?» domandò il signor prevosto.
«Non vorrei scandalizzarvi, reverendo» mise le mani avanti il maresciallo.
«Non mi scandalizzo più di niente» rispose sorridendo il sacerdote.
«Se il matrimonio, per esempio, non fosse stato consumato, che senso ha, sugli atti, essere registrata come vedova Coloni?»
«Avete ragione di credere che non lo sia stato e quindi, di conseguenza, sia nullo?»
Il Citrici fece l’atto di arrendersi.
«Ho solo buttato lì delle ipotesi, niente altro. Di fatto, ammettendo che sia stato consumato, non ha prodotto… come dire… frutti.»
«In così poco tempo…» interloquì il prevosto.
«Proprio» si inserì il Citrici, «il tempo. È medico, no? Si dice così almeno. Bene, io questa Ficcadenti l’ho vista, più di una volta. E, da come si veste, si muove, si comporta, direi che il tempo ha agito su di lei meravigliosamente.»
«In che senso?» chiese don Pastore.
«Nel senso che la direi perfettamente guarita dalla disgrazia che l’ha resa vedova. E tutto ciò mi ha spinto verso certi pensieri.»
«Che sarebbero?»
«Pura speculazione» specificò il maresciallo, «perché anche nel caso che avessi ragione, si tratterebbe comunque di fatto privato della signora. Però, per dirla chiara, mi suona strano che voglia dare quasi l’impressione di non essere interessata ad altro che alla merceria e alla compagnia di quel gomitolo d’ossa della sorellastra!»
«Volete dirmi qualcosa che non so?» chiese il prevosto.
«Ma niente, reverendo, dicevo così per dire. Sapete, quando si è abituati a ragionare sempre su certi casi, sulle persone, sui comportamenti…»
Quell’ultima parola, al sacerdote diede una scossa.
Non sfuggì al Citrici e al suo occhio lungo.
«Ho forse detto qualcosa che non va?» chiese il carabiniere.
«No…» rispose don Pastore.
Ma era un no di quelli che all’orecchio del maresciallo suonavano come sì.
«Davvero?» chiese.
«No, cioè…»
«No o cioè?» sbottò il Citrici, ricordandosi subito dopo che non era in caserma e men che meno nel corso di un interrogatorio.
«In tutta confidenza qualcosa di strano mi pare che ci sia» si decise il sacerdote.
Una piccolezza, cosa della quale probabilmente non valeva nemmeno la pena parlare.
«Siamo qui per quello però» lo aiutò, goloso, il Citrici.
«Ecco» fece il prevosto.
C’era quella faccenda degli ordini che la Ficcadenti andava personalmente a fare a Monza quando invece il loro fornitore era di Como.
«Come vi dicevo, una sciocchezza» concluse il prevosto.
«Concordo. Anche se è abbastanza strana.»
«Chissà!»
«Basterebbe…» buttò lì il carabiniere.
Sarebbe bastato farla seguire da persona accorta e fidata e il mistero, se di mistero si trattava, sarebbe stato svelato.
«Volete dire che voi…» fece per dire il prevosto.
«No, no reverendo, non fraintendetemi. Io o qualcuno dei miei sottoposti potremmo farlo se ci fosse di mezzo un reato, un’indagine in corso, anche solo un sospetto. Per il momento però ciò che fa la vedova Ficcadenti non interessa la legge.»
Un pedinamento informale, invece, fatto da persona fidatissima avrebbe risolto i dubbi e magari dato al reverendo l’arma giusta per convincere il Geremia a tornare coi piedi per terra. Che la Ficcadenti non fosse proprio boccone per i suoi denti era fuor di dubbio.
«Francamente» concluse il maresciallo, «non mi riesce proprio di immaginarli marito e moglie.»
«Non ditelo a me» ribadì il prevosto cui l’idea del Citrici non era sembrata affatto malvagia.
Tutto stava a trovare la persona accorta e fidatissima cui affidare il delicato compito di pedinare Giovenca Ficcadenti.