Capitolo 72
Stacey entrò in cucina, si tolse il cappotto e resistette all’impulso di frugare nella borsa per prendere lo smartphone. Era una persona adulta. Aveva il suo appartamento e un nuovo lavoro, e ormai doveva tenere a bada da sola le sue emozioni e i suoi dubbi. Durante il giorno, con quei ritmi frenetici, era più facile scacciare i pensieri. La mente era concentrata sulle indagini: Stacey rifletteva, collegava, analizzava, indagava a fondo.
Si era rimproverata di non aver cercato Hayley nel database della polizia, pur conoscendone solo il nome e il segno particolare della voglia sul viso. Forse sarebbero riusciti a salvarle la vita.
La sua parte razionale continuava a ripeterle che le informazioni presenti all’interno del sistema non sarebbero comunque state risolutive, ma non era quello il punto: non le era venuto in mente di controllare. Non poteva fare a meno di chiedersi se anche il capo la pensasse così.
Non le ci era voluto molto per capire che la detective non era prodiga di complimenti; anche la sua espressione era difficile da decifrare. Stacey brancolava nel buio.
Sospirando, prese una vaschetta di pasticcio dal frigorifero e la infilò nel microonde. Se avesse abitato ancora con i suoi, al ritorno a casa avrebbe trovato la cena pronta. Sua madre magari avrebbe cucinato una zuppa Ogbono, una ricetta nigeriana con manzo, pesce e spinaci. Oppure un piatto di uova strapazzate e patatine con qualche fetta di pane imburrato. In cucina, sua madre non era fedele a una sola tradizione, le piaceva alternare a seconda dell’umore. Oltre alla cena, a casa avrebbe trovato molto altro. Varcando la soglia della villetta bifamiliare si sarebbe ritrovata immersa nei profumi della sua infanzia e nell’atmosfera del Natale: decorazioni scintillanti appese a ogni chiodo, ghirlande sopra ogni porta. Sua madre inaugurava il periodo delle feste verso la fine di novembre.
Erano due settimane che Stacey voleva comprare un albero, ma continuava a rimandare. La sua unica concessione al Natale, per il momento, erano i biglietti di auguri dei parenti e degli amici allineati sulla mensola del camino, anche se questo sua madre non l’avrebbe mai saputo.
Ma non era neppure il clima festoso a mancarle di più. Sua madre avrebbe capito all’istante che aveva dei pensieri. Avrebbe insistito e, con le buone o con le cattive, l’avrebbe convinta a sfogarsi. La mamma avrebbe ascoltato, annuito, grugnito addirittura, e dopo averla rassicurata avrebbe pronunciato una delle sue massime. Aveva un certo talento per le frasi brevi e incisive: ti rimanevano impresse e avevano il potere di farti vedere le cose da una prospettiva diversa. Non si perdeva mai in lunghi discorsi; si fermava a riflettere, inquadrava la questione da ogni punto di vista e poi ti regalava una perla di saggezza.
D’istinto allungò la mano verso il telefono. Si bloccò e la ritrasse.
Ormai era grande. Stava diventando adulta, come le ripetevano tutti. Avrebbe dovuto capire da sola qual era la strada da seguire.
Era il momento di crescere.