Capitolo 15

Stacey si sentiva un giocoliere alle prese con tante palline che tentava di far ruotare contemporaneamente.

Stava conducendo ricerche sulla vita della vittima, cercando di rintracciare il suo ultimo indirizzo. Una volta fatto, avrebbe potuto contattare le compagnie telefoniche per chiedere se potessero darle qualche informazione. Stava ancora tentando di localizzare le telecamere in funzione nella zona circostante il luogo del delitto. Tutto questo, accompagnato dall’assillante sensazione di non cavare un ragno dal buco.

E il sergente Dawson era alla sua scrivania a guardare fuori dalla finestra. Effettivamente dopo pranzo era tornato in ufficio; era entrato fischiettando, l’aveva salutata con un sorriso e da allora se ne stava seduto a girarsi i pollici.

«Ehi, ti andrebbe di darmi una mano con…?»

«Sto pensando», rispose lui senza degnarla di uno sguardo, con gli occhi fissi sul paesaggio. «Deve esserci un modo più semplice». Lanciò un’occhiata ai fogli sparpagliati sulla scrivania. «E non dipende dal metodo».

«Ti riferisci ai buoni vecchi sistemi della polizia…».

«Hai una lavatrice?», domandò lui, interrompendola.

Stacey fece una smorfia. «Ovviamente».

«Lo sapevi che una volta tutti lavavano i panni a mano? Acqua calda saponata, olio di gomito, una sciacquata e via nello strizzatoio».

Certo che lo sapeva. Molti anni prima aveva visto una vecchia zia che faceva il bucato.

«Be’, la gente ormai non lava più i panni a mano. Esistono mezzi più efficienti, più rapidi e meno faticosi per ottenere lo stesso risultato», esclamò, e un sorriso gli illuminò il volto. Scostò la sedia dal tavolo. «Tu rimani pure lì a fare il bucato a mano, Stacey, ma io ho avuto un’idea migliore. Ci vediamo dopo».

L’agente aprì la bocca per ribattere, poi ci ripensò. Era sicura che, qualsiasi cosa avesse detto, il collega l’avrebbe ignorata. Lui cercava una via rapida e indolore per trovare l’assassino.

Voleva una soluzione fast food. Si aspettava di arrivare in auto, come al MacDrive, e di uscire dall’altro lato con un bel panino: il nome dell’assassino, il suo indirizzo e la posizione attuale.

Si chiese distrattamente se una cosa del genere accadesse spesso all’interno di un dipartimento di Investigazione criminale. Il mantenimento dell’ordine pubblico era affidato agli agenti in divisa, che si dividevano fra poliziotti di quartiere, addetti al traffico e squadre armate. Le era capitato di occuparsi di casi di cui poi non aveva saputo più niente. Passavano di mano in mano, e ogni squadra rappresentava un nucleo a sé stante…

A un certo punto perse il filo del ragionamento, mentre la causa della morsa che le stringeva lo stomaco diventava sempre più chiara. Il suo ultimo giorno alla vecchia stazione di polizia, aveva origliato per caso una conversazione. Appena tre giorni prima. Si trovava nello spogliatoio del commissariato di Wolverhampton quando due colleghi erano entrati per cambiarsi. Non le avevano rivolto la parola e lei non aveva fatto molto caso ai loro discorsi, ma ricordava di averli sentiti parlare del ritrovamento del cadavere di un senzatetto nel centro cittadino e, sebbene bisbigliassero, aveva udito la parola “genitali” prima che abbassassero ancor più il tono della voce.

Si mise al computer e cercò la notizia sui giornali. La scorse in fretta, poi la rilesse soffermandosi sui dettagli. L’articolo non rivelava l’identità della vittima e la storia aveva perso ben presto interesse quando la figlia di un diplomatico straniero era stata rapita. Il testo era breve e non accennava alle mutilazioni genitali, ma era possibile che si trattasse di una scelta precisa della squadra che se ne stava occupando. Forse questo spiegava perché i suoi colleghi parlassero a bassa voce: dovevano essere stati diffidati dal diffondere quel dettaglio della vicenda.

Tamburellò le dita sulla scrivania. E se fosse già accaduto in passato? Se Luke Fenton non fosse stato la prima vittima dell’assassino?

Udì il suono che la avvertiva dell’arrivo di una nuova e-mail e inspirò a fondo.

Aveva finalmente trovato l’ultimo indirizzo di Fenton, ed era giunto il momento di fare una telefonata al capo.