Capitolo 102

«Dawson, di che diavolo stai parlando?», chiese Kim inserendo il vivavoce per rendere partecipe Bryant. Si trovavano a circa tre chilometri di distanza dalla loro meta alla periferia di Romsley.

«Credo che stiate andando nel posto sbagliato», disse il sergente, senza mezzi termini.

«La prima parola della tua frase non la rende credibile», ribatté lei. Il tasso di adrenalina cresceva all’avvicinarsi di Gloucester Street.

«Per favore, prima ascoltatemi. Finora, tutti gli indizi lasciati dal nostro assassino rimandano ad altrettante filastrocche che traggono origine da oscure vicende storiche. Non riesco a trovare nessuna storia legata a Dottor Foster. Parla di un tizio che cade da cavallo e finisce nell’acqua, e allora decide di non tornare mai più in quel luogo. Perché l’omicida dovrebbe cambiare il suo piano proprio adesso?».

Due chilometri e mezzo.

«Dawson, credo che ci atterremo…».

«Solo un minuto, capo. C’è un’altra filastrocca che parla dei benefici del mangiare mele. In realtà esprime una grande sfiducia nei confronti dei medici, che non sarebbero i pilastri della società come vorrebbero farci pensare. Doveva servire da avvertimento: non si deve dare troppo credito ai medici bensì cercare di risolvere i problemi di salute senza…».

«Dawson, come diavolo dovrebbe essermi d’aiuto questa informazione adesso?»

«Appena fuori da Quinton c’era una clinica privata, capo. The Willows. Tre medici, chirurghi plastici…».

«Sto per riattaccare, Dawson», disse Kim. Non poteva perdere altro tempo ad ascoltarlo. Doveva iniziare a elaborare una strategia d’azione, perché mancava solamente un chilometro e mezzo a Gloucester Street.

«Capo, la clinica ha chiuso undici mesi fa. I medici sono stati perseguiti per ogni sorta di illeciti, sia sanitari che amministrativi, soprattutto per aver condiviso alcuni dati personali dei loro clienti».

Ottocento metri.

«Capo, alla fine del processo, solo due mesi fa, il giudice l’ha definito il caso più grave di abuso di fiducia da parte di un medico di cui gli fosse giunta notizia. Tutti i giornali riportarono la sua frase in prima pagina».

Quattrocento metri e sarebbero arrivati a destinazione, all’ingresso del laghetto.

«Dawson…».

«Adesso la clinica è abbandonata, capo. È un edificio vuoto, inagibile, perfetto se vuoi agire indisturbato».

Kim ripensò agli appunti sulle lavagne della sala operativa e a tutto ciò che aveva detto Dawson. Valutò il tempo che il sergente aveva dedicato a quella pista e quanto avevano appreso grazie a lui.

Solo una via li separava dalla loro meta, e doveva prendere una decisione. Subito.

Allontanò il telefono dall’orecchio, per fare chiarezza.

«Bryant», esclamò, «dobbiamo tornare indietro».