Capitolo 103
«Ma non potrebbe passarmi qualcuno in grado di darmi questa informazione?», gridò Stacey nella cornetta.
Al call-center a cui avevano inoltrato la sua chiamata quando aveva digitato il numero d’emergenza dello studio del dottor Lambert continuavano a passarla da un operatore all’altro, e nessuno le era stato d’aiuto.
Ogni volta che aveva tentato di spiegare che non si trattava di un’emergenza sanitaria, l’avevano messa in attesa e trasferita ad altri. Era comprensibile che dessero la priorità agli utenti che avevano problemi gravi, ma a lei bastavano pochi secondi.
Non riusciva a immaginare quell’ambiente di lavoro. Visualizzò una grande stanza, file di operatori seduti alle loro minuscole postazioni con le cuffie in testa, intenti a fissare gli obiettivi da raggiungere scritti a lettere cubitali sulle lavagne, misurabili in numeri di clienti persuasi che fino alla riapertura della clinica, l’indomani mattina, non sarebbe successo loro niente di grave.
«Non voglio riascoltare la normativa sulla protezione dei dati personali», disse all’ennesimo operatore. «Sono un agente di polizia, le conosco benissimo. E se nessuno mi dice subito a quale indirizzo è stato inviato il dottor Lambert per la visita a domicilio, le assicuro che morirà».
Silenzio.
Finalmente.
Forse l’avrebbero aiutata.
«Mi scusi, signora, mi sta forse minacciando? Le chiamate sono registrate e…».
«Ho detto che il dottore morirà. È in pericolo, quindi può farmi il favore di…».
Di nuovo silenzio.
Stacey sentì un grugnito uscire dalla sua stessa bocca. Stava per posare la cornetta sulla base del telefono, quando udì un’altra voce.
«Come posso aiutarla?», chiese la donna con circospezione.
Stacey gettò la testa all’indietro e ricominciò da capo il suo monologo. «Sono l’agente investigativo Stacey Wood. Abbiamo ragione di credere che il dottor Lambert si trovi in pericolo e che la chiamata che avete ricevuto sia stata una trappola…».
«Un secondo, agente», rispose l’operatrice.
Stacey si aspettava che la mettesse nuovamente in attesa, invece udì il rumore dei tasti di un telefono su cui veniva composto un numero. Sentì anche il messaggio di una segreteria telefonica.
Una pausa, poi la donna ripeté l’operazione ottenendo lo stesso risultato. «Strano», disse. «Il paziente non risponde al suo numero».
«Perché non è un paziente», le spiegò Stacey. «La chiamata è stata fatta da una persona che nutre molto rancore nei confronti del dottor Lambert, così l’ha attirato in un…».
«Cedar Close, civico 24, Belle Vale. È questo l’indirizzo che abbiamo dato al dottore».
Stacey la ringraziò e chiuse la chiamata.
«Allora, hai l’indirizzo?», domandò Dawson, con gli occhi scintillanti.
Lei allungò una mano per prendere il ricevitore. «Sì, adesso chiamo…».
«Il capo sta andando nel luogo in cui sta probabilmente per consumarsi il prossimo omicidio, e al momento non sappiamo per certo se il dottor Lambert è davvero coinvolto. Hai l’indirizzo che gli ha fornito il call-center. Se vuoi chiamare il capo per dirglielo fai pure, ma non credo che apprezzerà i tuoi aggiornamenti in questo momento. Tu che dici?».
Dopo tutto il tempo che aveva passato al telefono Stacey stava esaurendo la pazienza e non era dell’umore giusto per domande criptiche o ramanzine. «Allora che mi consigli di fare, Einstein?», sbottò.
Per la prima volta in tutta la settimana, Stacey vide un sorriso sincero sul volto del collega. «Vuoi venire con me a fare un giro?».