Capitolo 13

«Vaffanculo», mormorò Dawson quando uscì e fu investito dal gelo. Si allontanò di qualche passo dall’ingresso per evitare gli sguardi curiosi degli automobilisti intenti a parcheggiare.

Gli giravano per diversi motivi.

Non gli era piaciuto che il capo lo umiliasse mandandolo a casa a cambiarsi. Sebbene gli avesse parlato in privato, gli altri avevano capito benissimo cos’era successo, e così aveva perso la faccia davanti a un collega con la sua stessa qualifica che, a quarant’anni suonati, era ancora un mediocre sergente. Per non parlare dello smacco di farsi rimproverare davanti a una agente investigativa al suo primo giorno di servizio.

Per fortuna Ally era al lavoro, così si era potuto intrufolare in casa per fare una doccia, vestirsi e prendere qualche indumento di ricambio.

Quando aveva varcato la soglia dell’appartamento che avevano preso in affitto sette mesi prima, aveva provato un tuffo al cuore. Avevano vissuto momenti bellissimi in quella casa e in un certo senso Ally gli mancava. Era abbastanza certo di amarla, anche se glielo diceva di rado.

Era la prima volta che provava quel sentimento nei confronti di una donna e Ally era persino riuscita a convertirlo alla monogamia, almeno temporaneamente. Ma d’un tratto si era ricordato dell’ultima volta che si erano visti, delle parole rabbiose e amare che si erano scambiati. Gli si era gelato il sangue nelle vene e si era precipitato fuori, come se avesse il diavolo alle calcagna.

Infine, come se non bastasse, era tornato al lavoro e il capo non solo non aveva apprezzato i suoi sforzi ma gli aveva rifilato l’ingrato compito di setacciare l’archivio delle persone scomparse. Si compiacque tra sé di non essersi sottoposto a quella perdita di tempo.

Al momento, però, esisteva un problema più urgente di cui occuparsi, cioè capire dove diavolo poteva passare la notte.

Aveva mandato messaggi a tutti i suoi amici. Alcuni non si erano nemmeno degnati di rispondere, e chi l’aveva fatto non si era dato la pena di inventarsi una scusa. Era bastato un monosillabo. Ma lui non poteva presentarsi di nuovo al lavoro in quello stato l’indomani mattina e il suo conto in banca era già in rosso.

Scorse nuovamente la lista dei contatti, rimpiangendo di non essere stato più gentile con la nuova collega. Forse a casa sua c’era una stanza libera.

Ebbe un’idea, e un sorriso gli solleticò le labbra.

La sua relazione con Ally l’aveva reso quasi monogamo, ma non del tutto.

Cercò un numero in rubrica e premette sul nome.

Al secondo squillo lei rispose, restituendogli un briciolo di speranza. Una parte di lui si aspettava che non avrebbe accettato la chiamata.

«Ciao Lou, come va?»

«Che vuoi?», domandò lei in tono freddo, ma un’incrinatura della voce la tradì.

Lui esultò in silenzio, agitando il pugno. Sapeva come giocarsela.

Dopo qualche secondo di esitazione, abbassò la voce. «Ti ho pensato molto ultimamente. C’è qualcosa… non so cosa sia, ma è come se ci fosse qualcosa in sospeso fra noi. Forse ho commesso un errore quando ho deciso di rompere con…».

«Ma non mi avevi scaricata per l’amore della tua vita?», sbottò lei, dandogli un’ulteriore conferma. La fine della loro storia continuava a scatenare emozioni forti dentro di lei. Perfetto.

«Non è andata come credevo, Lou». Fece una pausa per dare enfasi alla sua rivelazione. «È diverso da com’era fra noi due. Molto diverso», insisté.

Era sicuro che avrebbe abboccato.

A letto facevano scintille.

Udì un lieve sospiro e capì che anche lei stava pensando proprio a quello.

«Be’… non lo so… forse dovremmo vederci. Solo per fare una chiacchierata, che ne dici?».

Lei esitò. «Va bene, forse noi…».

«Alle sette, al solito posto?», chiese lui con voce tremante e colma di speranza.

Un’altra esitazione.

«Okay, ci vediamo lì».

Dawson chiuse la conversazione con un largo sorriso.

Adesso poteva concentrarsi.

Perché adesso era sicuro di avere un letto per la notte.