Capitolo 47
Marianne lanciò una rapida occhiata nello specchietto retrovisore prima di scendere dall’auto. Nigel aveva pensato all’acconciatura, ma il trucco era opera sua. Leggero e delicato: lucidalabbra rosa e un tocco di correttore per mascherare le rughe sempre più profonde intorno agli occhi, senza coprirle del tutto. Il suo accompagnatore sapeva benissimo quanti anni aveva. Per finire, un filo di mascara per incorniciare gli occhi azzurri. A lui era sempre piaciuto.
Uscì dall’auto e si diresse verso il pub The Jolly Crispin di Upper Gornal, che aveva scelto perché in quel piccolo locale con pareti di pietra e travi a vista la birra era eccezionale. E a lui la buona birra piaceva.
Scorse Derek Hodge seduto al tavolo più distante dal bancone, dietro la slot machine, come se volesse nascondersi.
Sorrise quando vide due bicchieri colmi che aspettavano solo lei.
«Vino bianco secco, giusto?», le chiese quando si avvicinò.
«Naturalmente», rispose Marianne sedendosi.
Aveva visto spesso il suo volto sui giornali, di solito in occasione dell’apertura di un nuovo impianto di confezionamento alimentare: i fotografi erano stati clementi con lui. Nei vent’anni trascorsi dal loro ultimo incontro doveva aver preso un numero uguale di chili, e i suoi capelli erano quasi del tutto grigi. Tuttavia, nonostante i segni del tempo, Marianne riconosceva in quel signore di mezza età il giovane attraente di una volta.
Avevano avuto una relazione quando erano poco più che ventenni, prima che lui incontrasse Patricia, sua moglie; all’epoca Marianne non aveva ancora capito quale fosse la sua missione. Più che finire, la loro storia era andata scemando quando le loro vite avevano imboccato strade diverse. Ma il sesso, tra loro, era sempre stato fantastico.
«Allora, a cosa devo la tua telefonata dopo tutto questo tempo?», esordì lui, andando dritto al punto.
«Soldi», rispose Marianne con la stessa schiettezza, accompagnata da un sorriso dolce.
Lui piegò la testa all’indietro e scoppiò a ridere. «Non ti è mai piaciuto girare intorno alle cose, eh?».
Lei scrollò le spalle. «Se desideri qualcosa, devi prendertelo», esclamò. «Guardiamo il tuo esempio: hai aperto il terzo stabilimento di imballaggio nelle West Midlands nel giro di cinque anni. Un sacco di contenitori di plastica…».
«Ehi, facciamo il possibile per rispettare l’ambiente…».
«Ma certo», intervenne lei, zittendolo con un cenno della mano. A Marianne non importava granché del pianeta, non quanto avrebbe dovuto. Le sue priorità erano altre. «Volevo dire che si tratta di una quantità enorme di cibo. Il tuo tasso di espansione è impressionante».
La sua espressione si fece seria. «Non lasciarti ingannare. Fra il mutuo e i prestiti ti metteresti a piangere al mio posto». Non ne dubitava, ma gli ultimi dati che aveva consultato sul Registro delle Imprese mostravano buoni profitti, nonostante le uscite sostanziose.
«La nostra è un’associazione di beneficenza, come saprai», spiegò, bevendo un sorso di vino. Poiché Derek era un uomo d’affari consumato, gli lasciò il tempo di riflettere sui vantaggi fiscali che questo poteva comportare.
Dopo un attimo d’esitazione, lui scosse il capo. «In questo momento non posso permettermelo, Marianne. Mi piacerebbe darvi una mano, ma non posso proprio».
«Suvvia, Derek. È Natale. Sono sicura che puoi rinunciare a qualcosa. Lo sai che è per una buona causa, le ospiti delle mie strutture hanno subìto…».
«Dico sul serio, non posso», ribatté lui, interrompendola. Alle persone non piaceva ascoltare i dettagli.
«Magari solo una piccola donazione, a titolo personale?», insisté lei. Dopotutto, un fondo di verità doveva esserci se aveva la fama di riuscire a spillare soldi anche alle pietre.
L’espressione di Derek non si ammorbidì. «Ci sono le rette delle mie figlie da pagare e Patricia ha messo gli occhi sulla nuova Lotus».
Marianne si sforzò di continuare a sorridere. Lui parlava di scuole private dalle rette astronomiche per le sue tre figlie e di un’auto a sei cifre per la moglie. Lei, invece, stava racimolando fondi per riparare il tetto e impermeabilizzare gli edifici, per non parlare del denaro necessario a comprare la biancheria per i letti e gli asciugamani nuovi di cui tutte le strutture avevano bisogno.
Aprì la bocca per ritentare.
«Sul serio, Marianne, non posso», ribadì lui alzando le mani. «Per favore, non chiedermelo più».
Lei cercò di distendere il viso e fece un sorriso sconfitto. «Va bene, a volte si può anche perdere».
«Grazie della comprensione», rispose Derek bevendo un sorso di birra.
«Allora, come stanno Patricia e le ragazze?», gli domandò.
«Stasera vanno in città a vedere lo show di Natale sul ghiaccio», disse lui.
Gli aveva chiesto come stavano, non dove fossero.
Lei alzò lentamente lo sguardo. Senza staccargli gli occhi di dosso, rispose alla domanda implicita nella sua frase.
Cinque minuti dopo, Marianne era di nuovo nella sua auto.
Be’, non si può sempre vincere, concluse. Il suo vecchio amico si era rifiutato di aiutarla economicamente, ma in quel momento stava per seguirla verso una camera d’albergo che lei aveva già prenotato. Pensò a tutte le donne che dipendevano da lei. Niente era più importante della loro sicurezza, della loro serenità.
Lanciò un’occhiata nello specchietto retrovisore e vide la sua Mercedes parcheggiata a poca distanza, in attesa di partire. Avrebbe fatto di tutto per le sue ragazze.
Accese il motore. Certo, non si poteva sempre vincere, ma almeno ci si poteva provare.