Capitolo diciassettesimo
Siccome l’indice e il pollice di Brigida stavano sul chiavistello, il caporale non dovette bussare ripetutamente come può capitare al sarto di vostro onore. Avrei potuto prendere un esempio un po’ più vicino a casa mia, perché al mio devo qualcosa come venticinque sterline almeno, e mi stupisce la pazienza di quell’uomo.
Ma ciò non conta assolutamente nulla per la gente: solo, è una maledetta faccenda essere in debito; e sembra che vi sia una fatalità sulle risorse di alcuni poveri principi, specie di quelli di casa nostra, che nessuna Economia è in grado di mettere in catene. Per parte mia, sono persuaso che non v’è principe, prelato, papa o potentato, grande o piccolo, su questa terra più desideroso in cuor suo di rigar dritto col mondo di quanto lo sia io, o che più di me prenda le misure adatte a questo fine. Non tiro mai fuori più di mezza ghinea, non porto stivali, non cerco di tirar giù il prezzo sugli stuzzicadenti, non spendo uno scellino per una cappelliera in tutto un anno; e nei sei mesi in cui sto in campagna, il mio bilancio è così piccolo, che, con tutta la buona disposizione di questo mondo, sorpasso Rousseau [490] per la lunghezza d’una sbarra; perché io non tengo né domestico né garzone né cavallo né mucca né cane né gatto né qualsiasi cosa che possa mangiare o bere, eccetto una povera magra Vestale [491] (per tenermi acceso il fuoco) e che in genere ha un cattivo appetito come me. Ma se pensate che questo faccia di me un filosofo, io non darei, brava gente! neppure una festuca per i vostri giudizi.
Vera filosofia... Ma non è il caso di trattare quest’argomento mentre mio zio sta fischiettando Lillabullero. Entriamo nella casa.