Capitolo nono
«Per noi, Gionata, che ignoriamo quel che sia bisogno o preoccupazione, che viviamo qui al servizio di due dei migliori padroni (eccetto, nel mio proprio caso, sua Maestà il re Guglielmo III, ch’io ebbi l’onore di servire sia in Irlanda sia nelle Fiandre), riconosco che il tempo che corre dalla settimana di Pentecoste a tre settimane prima di Natale non è lungo, è come nulla; ma per coloro, Gionata, che sanno che cosa sia la morte e quale rovina e distruzione essa possa fare prima che un uomo abbia il tempo di girare su sé stesso, è come un’intera età. O Gionata! farebbe sanguinare il cuore di un uomo d’animo buono se considerassimo, — continuò il caporale (stando eretto perpendicolarmente), — quanto in basso molti uomini prodi e integri sono stati messi a giacere da quel tempo! E credimi, Susy, — aggiunse il caporale volgendosi a Susanna, i cui occhi erano sommersi dalle lacrime, — prima che quel tempo ritorni, molti occhi scintillanti saranno spenti. — Susanna colse l’allusione, e pianse, ma fece anche la riverenza. — Non siamo noi, — continuò Trim, guardando ancora Susanna, — non siamo noi come un fiore di campo (una lacrima d’orgoglio s’insinuò furtivamente tra due lacrime d’umiltà: nessuna lingua avrebbe altrimenti potuto descrivere l’afflizione di Susanna); non è ogni carne erba? È argilla, è sozzura. — Tutti diressero lo sguardo verso la sguattera intenta a lucidare la pesciaiuola: non fu leale. — Che cos’è il più bel viso che mai uomo abbia mirato!...
— Potrei ascoltare eternamente Trim parlare così, — esclamò Susanna.
— Che cosa è mai! (Susanna posò la mano sulla spalla di Trim) se non corruzione! (Susanna la ritrasse). Ora, io vi amo per questo, e proprio questo delizioso miscuglio che è in voi fa di voi, care creature, ciò che siete. E quanto a colui che vi odia per questo, al riguardo posso dirvi soltanto che o ha una zucca al posto della testa o una mela ranetta al posto del cuore, e qualora venisse sezionato risulterebbe ch’è proprio così.»