Capitolo diciottesimo
«Penso, piacendo a vostro onore, — disse Trim, — che le fortificazioni siano completamente distrutte e che il bacino sia al livello del molo.
— Lo penso anch’io, — rispose lo zio Tobia con un sospiro represso a metà, — ma va’ nel salotto, Trim, a prendere il testo della stipulazione; sta sopra la tavola.
— È stato là per sei settimane, — rispose il caporale, — finché, proprio stamane la vecchia donna di servizio l’ha usato per accendere il fuoco.
— Allora, — disse lo zio Tobia, — sono finite per noi le occasioni di prestare i nostri servizi.
— Tanto più, piacendo a vostro onore, è un peccato», disse Trim; e, nel pronunziare queste parole, gettò la vanga nella carriuola, che gli era accanto, con l’aria più sconsolata che si possa immaginare, e stava gravemente guardandosi attorno in cerca del piccone, della pala da esploratore, dei picchetti e dell’altro materiale militare, per portarli via dal campo, quando un “oh, ahimè!” proveniente dalla garitta che, essendo fatta di sottili assi d’abete, gli fece echeggiare il suono ancora più tristemente all’orecchio, glielo impedì.
“No, — disse il caporale tra sé, — lo farò domattina prima che suo onore si alzi.” Perciò, presa di nuovo la vanga dalla carriuola e raccolta con essa un po’ di terra, come se dovesse livellare qualcosa ai piedi della scarpata del terra-pieno, ma in realtà con l’intento di farsi più vicino al padrone per distrarlo, scalzò un zolla o due, ne pareggiò gli orli con la vanga e, dato loro col dorso di questa uno o due colpettini, si mise a sedere ai piedi dello zio Tobia e cominciò come segue.