Capitolo venticinquesimo
Lo zio Tobia aveva appena girato l’angolo della siepe di tasso che separava l’orto dal campo di bocce, quando s’accorse che il caporale aveva cominciato l’attacco senza di lui.
Consentitemi una sosta per darvi un quadro dell’apparato del caporale e dello stesso caporale nel momento culminante del suo attacco, così come apparve allo zio Tobia nell’atto di voltare in direzione della garitta dove il caporale era al lavoro, perché non v’è nulla di simile in natura, né qualsiasi combinazione di tutto ciò ch’è grottesco e bizzarro nelle sue opere potrebbe produrne l’eguale.
Il caporale...
Procedete con passo lieve sulle sue ceneri, o voi uomini di genio, perché egli era uno dei vostri.
Estirpate dalla sua tomba le erbacce, o voi uomini di cuore, perché era vostro fratello. O caporale! se solo ti avessi qui ora, — ora che sono in grado di offrirti un pranzo e protezione, — di quante cure ti circonderei! Tu porteresti la tua montiera a ogni ora del giorno per ogni giorno della settimana, e, quando fosse logora, io te ne comprerei un paio identico. Ma ahimè! ahimè! ahimè! ora che posso far questo a dispetto delle reverenze loro, l’occasione è perduta, perché tu te ne sei andato; il tuo genio è volato verso le stelle donde era venuto; e quel tuo caldo cuore, con tutti i suoi vasi generosi e aperti, è ora stretto in una zolla della valle!
Ma che cosa, che cos’è questo di fronte a quella pagina futura e paventata, in cui guardo al drappo funebre di velluto decorato con le insegne militari del tuo padrone, il primo, il migliore degli esseri creati; dove vedrò te, servitore fedele! posare con mano tremante la sua spada e il suo fodero sulla sua bara, e poi, tornando pallido come cenere alla porta, prendere per la briglia il suo cavallo bardato a lutto e seguire il carro funebre, com’egli ti aveva ordinato; dove tutti i sistemi di mio padre saranno frustrati dal suo dolore; e, a dispetto della sua filosofia, lo scorgerò, mentre esamina la placca laccata, togliersi due volte gli occhiali dal naso per tergere la rugiada di cui la natura li ha cosparsi... Quando lo vedo gettarvi sopra il rosmarino [359] con aria sconsolata che grida alle mie orecchie: “O Tobia! in quale angolo del mondo potrò io trovare un tuo pari?”...
...Graziose potenze! voi che già dischiudete le labbra del muto nella sua angoscia e scioglieste la lingua al balbuziente, quando arriverò a quella pagina paventata, non trattatemi, allora, con mano avara.