Capitolo ventunesimo
La badessa d’Andoüillets, località che, se cercate nella grande serie delle mappe provinciali che si stanno pubblicando a Parigi, troverete situata in mezzo alle colline che dividono la Borgogna dalla Savoia, correndo il rischio di un’anchilosi o irrigidimento dell’articolazione (il liquido sinoviale del ginocchio s’induriva per i lunghi mattutini) e avendo tentato ogni rimedio, in primo luogo preghiere e orazioni di ringraziamento; poi invocazioni a tutti i santi del Cielo promiscuamente, poi singolarmente a ogni santo che avesse avuto una gamba rigida prima di lei; poi toccandola con tutte le reliquie del convento, principalmente col femore dell’uomo di Listri [413] che era stato impotente fin dalla giovinezza; poi avvolgendola nel suo velo quando andava a letto; poi mettendovi sopra il rosario in forma di croce; poi facendo intervenire in suo aiuto il braccio secolare e spalmandola con olii e grasso caldo d’animale; poi curandola con emollienti e fomenti risolutivi; poi con cataplasmi di altea, malva, spinacio selvatico, giglio bianco e fieno greco; poi facendole prendere la legna, voglio dire i vapori di legna, tenendosi lo scapolare in grembo; poi decotti di cicoria selvatica, crescione di fonte, cerfoglio, ninfea e coclearia; e poiché per tutto quel tempo nulla aveva dato risultato, ella si lasciò convincere alla fine di tentare i bagni caldi di Bourbon. Perciò, ottenuto prima il permesso del visitatore generale di badare alla propria vita, ella ordinò che tutto fosse pronto per il suo viaggio. Una novizia del convento sui diciassette anni, che aveva sofferto di un patereccio al dito medio a furia d’immergerlo in tutti i cataplasmi, ecc., della badessa, si era a tal punto guadagnata la sua simpatia, che, trascurando una vecchia monaca affetta da sciatica, che avrebbe potuto ristabilirsi per sempre grazie ai bagni caldi di Bourbon, Margherita, la giovane novizia, fu prescelta come compagna di viaggio.
Fu ordinato di riportare alla luce del sole un vecchio calesse, di proprietà della badessa, foderato di rascia verde. Scelto come mulattiere, il giardiniere del convento tirò fuori le due vecchie mule per radere loro i peli sull’estremità della coda, mentre una coppia di converse era indaffarata l’una a rammendare la fodera e l’altra a ricucire i brandelli dell’orlatura gialla che i denti del tempo avevano sfrangiato. L’aiuto giardiniere rimise a nuovo il cappello del mulattiere con feccia di vino calda; e un sarto vi partecipò musicalmente, sotto una tettoia del convento, con l’assortire quattro dozzine di campanelle per i finimenti, fischiettando al suono di ogni campanella che vi attaccava con una cinghia.
Il carpentiere e il fabbro d’Andoüillets tennero un concilio per le ruote; e per le sette del mattino seguente tutto appariva agghindato ed era pronto al cancello del convento per i bagni caldi di Bourbon. Due file delle sfortunate che rimanevano erano là in piedi e pronte da un’ora prima.
La badessa d’Andoüillets, sorretta da Margherita, la novizia, avanzò lentamente verso il calesse; entrambe erano vestite di bianco coi rosari neri pendenti sul petto.
C’era una semplice solennità nel contrasto: esse entrarono nel calesse; e ogni monaca nello stesso abito, dolce emblema dell’innocenza, occupava un finestrino, e come la badessa e Margherita guardarono in alto, ognuna d’esse (eccetto la povera monaca sofferente di sciatica) agitò in aria un lembo del proprio velo, poi baciò la liliacea mano che si concedeva loro; la buona badessa e Margherita portarono santamente le mani sul petto, alzarono gli occhi al cielo, poi li abbassarono su di esse, e guardarono: “Dio vi benedica, care sorelle”.
Dichiaro di provare interesse per questa storia e avrei voluto essere là.
Il giardiniere, che ora chiamerò il mulattiere, era un tipo piccolo e tarchiato, cordiale, bonaccione, chiacchierone e amante del bicchiere, che si tormentava assai poco coi come e i quando della vita; perciò aveva ipotecato un mese del salario che riceveva dal convento per un borracchio, ovvero otre di cuoio per vino, che aveva disposto sulla parte posteriore del calesse, dopo averlo coperto con un’ampia mantella di color rossiccio per proteggerlo dal sole. E poiché il tempo era caldo ed egli non era uno scansafatiche, andando a piedi dieci volte più che non stando in carrozza riuscì a trovare più occasioni di quante non gliene offrisse la natura per ritirarsi sul retro della carrozza; finché, a furia d’andare e venire, successe che tutto il vino era scolato per lo sbocco legale del borracchio prima d’esser giunti a metà del viaggio.
L’uomo è una creatura abitudinaria. La giornata era stata afosa, la sera era incantevole, il vino generoso, ripida la collina di Borgogna su cui l’uva di quel vino era maturata; un ramoscello tentatore, pendente sulla porta d’una fresca casetta di campagna ai piedi della collina, vibrava in piena armonia con le passioni, un dolce venticello faceva distintamente frusciare le foglie: “Vieni, vieni, assetato mulattiere, entra”.
Il mulattiere era figlio d’Adamo; non ho bisogno d’aggiungere verbo. Diede alle mule, all’una e all’altra, una sonora frustata, e, guardate in faccia la badessa e Margherita (fece proprio così) come per dire “son qui”, lasciò partire un secondo vigoroso schiocco, come per dire alle sue mule “andate avanti”, e, svignandosela dietro la carrozza, entrò nella piccola osteria ai piedi della collina.
Il mulattiere, come v’ho detto, era un omettino allegro e ciarliero che non pensava al domani o a ciò ch’era stato o a ciò che sarebbe seguito poi, a patto di procurarsi la sua razione di borgogna e con essa una chiacchieratina. Così s’addentrò in una lunga conversazione su come fosse il capo giardiniere del convento d’Andoüillets, ecc. ecc., e che per via dell’amicizia con la badessa e mademoiselle Margherita, ch’era solo una novizia, era venuto con loro dai confini della Savoia, ecc. ecc., e su come alla badessa fosse venuta una borsite per effetto delle sue devozioni, e quali specie d’erbe egli s’era procurato per ammollirne gli umori, ecc. ecc., e che se le acque di Bourbon non avessero guarito quella gamba, ella avrebbe potuto rimanere zoppa di entrambe, ecc., ecc., ecc. Congegnò in modo tale la sua storia da scordare completamente l’eroina d’essa, e con lei la giovane novizia e, ciò ch’era un punto più delicato degli altri due da scordare, le due mule; le quali, essendo creature che gabbano il mondo, dacché i loro genitori avevano gabbato loro, e non essendo in condizioni di rendere il contraccambio in linea discendente (come lo sono gli uomini, le donne e le altre bestie), lo fanno di sbieco, in avanti, a ritroso, in salita, in discesa e in tutte le maniere possibili.
I filosofi, con tutte le loro etiche, non hanno mai tenuto questo fatto nella dovuta considerazione: come poteva considerarlo il povero mulattiere, brillo com’era allora? egli non lo fece minimamente. Ma è tempo che lo si faccia noi; lasciamolo dunque nel vortice del suo elemento, il più felice e spensierato dei mortali, e occupiamoci per un momento delle mule, della badessa e di Margherita.
Per virtù degli ultimi due colpi di frusta del mulattiere, le mule avevano proseguito tranquillamente, seguendo la loro propria coscienza, su per la collina, finché non furono giunte a circa metà strada dalla cima; allora la più vecchia delle due, una diavolaccia scaltra e astuta, a una svolta sbirciò di lato e, non vedendo alcun mulattiere dietro a esse...
«Per la mia f...! — disse giurando, — non farò più un passo.
— E se lo faccio io, — replicò l’altra, — possa la mia pelle servire per fare un tamburo.»
E così di comune accordo si fermarono.