Capitolo quarantesimo
Il dono della raziocinazione e del costruire sillogismi… voglio dire nell’uomo, perché nelle classi superiori di esseri come gli angeli e gli spiriti tutto avviene, a quanto mi si dice e col beneplacito delle signorie vostre, per Intuizione; e gli esseri inferiori, come le signorie vostre sanno, sillogizzano col naso, sebbene vi sia un’isola galleggiante sul mare (ancorché non del tutto a suo agio) i cui abitanti, se la mia informazione non m’inganna, sono così meravigliosamente dotati da sillogizzare tutti a quello stesso modo, ottenendo spesso anche ottimi risultati; ma questo non è assolutamente il nostro caso.
Tra noi il dono di farlo come si deve, ossia il grande e principale atto di raziocinazione nell’uomo sta, come ci dicono i filosofi di logica, nel trovare la concordanza e la discordanza reciproca di due idee mediante l’intervento di una terza (chiamata medius terminus); esattamente come un uomo, secondo la giusta osservazione di Locke, con l’ausilio di un metro costata che sono della stessa lunghezza due campi di giuoco dei birilli che, per misurarne l’uguaglianza, non potrebbero essere confrontati per giustapposizione [189].
Se, mentre mio padre illustrava i suoi sistemi sui nasi, lo stesso grande ragionatore avesse guardato e avesse osservato l’atteggiamento dello zio Tobia, la grande attenzione ch’egli prestava a ogni parola, la frequenza con cui si toglieva la pipa di bocca, la meravigliosa serietà con cui ne contemplava la lunghezza, mentre la teneva tra il pollice e l’indice, scrutandola prima trasversalmente, poi frontalmente, poi a questo modo e poi a quest’altro, in tutte le direzioni e le angolazioni possibili, egli avrebbe concluso che lo zio Tobia era venuto in possesso del medius terminus e stesse sillogizzando e misurando con essa la verità di ogni ipotesi sui nasi lunghi, nell’ordine in cui mio padre gliele sciorinava davanti. Questo, sia detto per inciso, era più di quanto mio padre desiderasse: tutta la briga ch’egli si prendeva in queste letture filosofiche mirava a mettere in grado lo zio Tobia non già di discutere, ma di capire, di raccogliere i grani e gli scrupoli del sapere, non di pesarli. Lo zio Tobia, come leggerete nel prossimo capitolo, non faceva né l’una né l’altra cosa.