Capitolo decimo
Non è una vergogna scrivere due capitoli su ciò che accadde nello scendere due rampe di scale? Infatti, siamo arrivati non oltre il primo pianerottolo e ci sono ancora altri quindici scalini per arrivare in fondo; e, per quanto io sappia, siccome mio padre e mio zio sono in vena di chiacchierare, può darsi che vi siano altrettanti capitoli che gradini. Sia quel che sarà, signore; non posso farci niente, come col mio destino… Un improvviso stimolo m’investe… Cala il sipario, Shandy… Lo calo… Tira una linea qui di traverso sul foglio, Tristram… La tiro… e via con un nuovo capitolo.
Al diavolo ogni altra regola cui attenermi in questa faccenda! E quand’anche ne seguissi una, siccome faccio ogni cosa in barba a qualsiasi regola, accartoccerei la pagina, la ridurrei a pezzi e, fatto ciò, la getterei nel fuoco. Sono forse troppo ardente? Sì, e a ragione… Che storia attraente! È l’uomo che deve seguire le regole o le regole l’uomo?
Ora, dovete sapere che, essendo questo il capitolo sui capitoli che prima d’andare a dormire promisi di scrivete, pensai d’essere completamente in pace con la mia coscienza prima di coricarmi raccontando subito al mondo tutto quel che so al riguardo. Ciò non è forse dieci volte meglio che esordire dogmaticamente con un sentenzioso sfoggio di saggezza e raccontare al mondo una storia d’un cavallo arrosto, che i capitoli sollevano lo spirito, che assistono l’immaginazione o vi s’impongono, e che in un’opera di carattere drammatico come questa essi sono altrettanto necessari dei cambiamenti di scena, con cinquanta altre fredde ricercatezze sufficienti a spegnere il fuoco che arrosti il cavallo? Oh! ma per capire questo, che è un soffio sul fuoco del tempio di Diana, dovete leggere Longino [208], continuare a leggerlo, e se, dopo averlo letto, ne saprete come prima, niente paura, rileggetelo. Avicenna [209] e Liceto lessero interamente la Metafisica di Aristotele quaranta volte ciascuno senza capirci una sola parola. Ma osservate le conseguenze: Avicenna divenne uno scrittore accanito d’ogni argomento; infatti scrisse libri de omni scibili; e quanto a Liceto (Fortunio) [210], sebbene come tutti sanno fosse nato feto [211] lungo non di più di cinque pollici e mezzo, pure crebbe a tale stupefacente altezza nel campo letterario da scrivere un libro con un titolo lungo quanto lui: i dotti sanno che alludo alla sua Gonopsychanthropologia, sull’origine dell’anima umana.
Basta così per il mio capitolo sui capitoli, che considero il miglior capitolo dell’intera mia opera; e prendetemi in parola: chiunque lo legga impiega altrettanto bene il suo tempo che nel raccogliere pagliuzze.