Capitolo trentunesimo
Tra le molte deplorevoli conseguenze del trattato di Utrecht, poco mancò ch’esso non desse la nausea degli assedi allo zio Tobia. E sebbene successivamente egli riacquistasse l’appetito, pure la stessa Calais non lasciò una cicatrice più profonda nel cuore di Maria [363] di quanto non ne lasciasse Utrecht in quello dello zio Tobia. Sino alla fine della sua vita non poté mai sentir menzionare Utrecht per qualsiasi riguardo e neppure leggere un articolo di notizie tratto dalla Gazzetta di Utrecht senza trarre un sospiro, come se il cuore gli si spezzasse in due.
Mio padre, ch’era un grande spacciatore di motivi, e perciò una persona pericolosissima per chi gli sedeva accanto così nel ridere come nel piangere, — perché generalmente sapeva molto meglio di voi stessi il motivo per cui facevate l’una o l’altra cosa, — soleva sempre consolare in queste circostanze lo zio Tobia in un modo che dimostrava chiaramente come egli immaginasse che lo zio Tobia, in tutta la faccenda, non si affliggesse mai tanto quanto per la perdita del suo dada.
«Non farci caso, fratello Tobia, — soleva dire, — grazie a Dio, uno di questi giorni scoppierà un’altra guerra; e quando accadrà, le potenze belligeranti, quand’anche s’impiccassero, non potranno impedirci d’essere della partita. Le sfido, mio caro Tobia, — soleva aggiungere, — a impossessarsi di paesi senza prendere città, o città senza assedi.»
Lo zio Tobia non faceva mai buon viso a questo colpo basso di mio padre al suo cavalluccio. Giudicava il colpo ingeneroso, tanto più che, nel colpire il cavallo, mio padre colpiva anche il cavaliere, e proprio nella parte più disonorevole su cui un colpo potesse cadere; cosicché in tali occasioni lo zio Tobia posava sempre la pipa sulla tavola con un ardore di difendersi maggiore del solito.
Dissi al lettore, sono giusto due anni, che lo zio Tobia non era eloquente; e proprio nella stessa pagina diedi un esempio del contrario. Ripeto l’osservazione, e aggiungo un fatto che la contraddice di nuovo. Egli non era eloquente, non era facile per lo zio Tobia fare lunghe arringhe, e detestava quelle ornate; ma v’erano circostanze in cui la piena travolgeva l’uomo e andava a tal punto contro la consueta corrente, che per certi aspetti lo zio Tobia una volta tanto era per lo meno all’altezza di Tertulliano [364], ma per certi altri, a mio giudizio, infinitamente superiore.
Mio padre fu così altamente compiaciuto di una di queste orazioni apologetiche che lo zio Tobia aveva pronunciato una sera davanti a lui e a Yorick, che volle scriverla prima di andare a letto.
Ho avuto la fortuna di ritrovarla tra le carte di mio padre, con qualche postilla personale qua e là, tra due parentesi quadre, così [ ], ed è intitolata:
Giustificazione di mio fratello Tobia circa i suoi Principi e la sua Condotta nel desiderare che la Guerra continui.
Posso tranquillamente affermare d’aver riletto un centinaio di volte quest’orazione apologetica dello zio Tobia; la considero un così bel modello di difesa, ed essa rivela in lui una così mite tempra di spirito cavalleresco e di buoni principi, ch’io la do al mondo, parola per parola (comprese le interlineature e tutto il resto), così com’è.