Capitolo sesto
Quando lo zio Tobia aveva menzionato per la prima volta il granatiere, mio padre, come dissi, era piombato col naso schiacciato sulla trapunta con la stessa fulmineità che se lo zio Tobia gli avesse sparato contro; ma non venne aggiunto che ogni altro arto e membro di mio padre era istantaneamente ricaduto insieme col naso nella stessa precisa posizione in cui egli giaceva e che vi ho prima descritto. Sicché, quando il caporale Trim lasciò la camera e mio padre si senti disposto ad alzarsi dal letto, egli dovette ripetere tutti i piccoli movimenti preparatori prima di riuscirci. Gli atteggiamenti non sono nulla, signora, di per sé stessi; è il passaggio da un atteggiamento all’altro, come la preparazione e la risoluzione della discordanza in armonia, ciò che soprattutto conta.
Per questa ragione mio padre dovette ripetere la stessa giga col dito del piede sul pavimento, spingere il vaso da notte d’un altro po’ entro il pendone, emettere un “ehm”, sollevarsi sul gomito; e già s’accingeva a rivolgere la parola allo zio Tobia, quando, ricordandosi dell’insuccesso del suo primo tentativo in quell’atteggiamento, s’alzò in piedi e, dopo aver compiuto il terzo giro per la camera, si fermò di botto davanti allo zio Tobia; poi, posando i tre primi diti della mano destra nella palma della sinistra e chinandosi un poco, si rivolse allo zio Tobia come segue: