Capitolo quattordicesimo
Che mondo gioviale e gaio sarebbe questo, piacendo alle signorie vostre, se non fosse per l’inestricabile labirinto di debiti, preoccupazioni, guai, bisogni, dolori, scontentezze, malinconie, grossi dolori, inganni e menzogne!
Il dottor Slop, da quel figlio di p..., come lo chiamò mio padre, che era, per esaltare sé stesso umiliò me a morte, esagerando l’incidente di Susanna diecimila volte più di quanto fosse ragionevole; cosicché, dopo una settimana o anche meno, era sulla bocca di tutti che il povero signorino Shandy * * * * * * * * * * * * * * * * completamente. E la Fama, cui piace raddoppiare ogni cosa, dopo altri tre giorni aveva giurato d’aver realmente visto, — e tutto il mondo, come al solito, prestò fede alla sua testimonianza, — “Che la finestra della camera dei ragazzi aveva non solo * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * ma che * * * * * * * * * * ** * * * * * * anche”.
Se si fosse potuto citare il mondo come un ente morale, mio padre gli avrebbe intentato causa e lo avrebbe salassato a dovere; ma scontrarsi al riguardo con i singoli individui, siccome ogni essere che aveva menzionato la faccenda l’aveva fatto con la più grande commiserazione immaginabile, sarebbe stato come saltare in faccia ai migliori amici. Eppure, sottomettersi silenziosamente a questa diceria significava riconoscerla apertamente, almeno nel giudizio di metà del mondo; e creare un nuovo scompiglio per contraddirla significava confermarla con altrettanta forza nel giudizio dell’altra metà.
«Vi fu mai un povero diavolo di gentiluomo di campagna così nei pasticci? — disse mio padre.
— Io lo esporrei in pubblico, — disse lo zio Tobia, — sul crocicchio del mercato.
— Non approderebbe a nulla», rispose mio padre.