Capitolo quinto
Mia madre stava percorrendo con estrema cautela il buio corridoio che conduceva al salotto, quando lo zio Tobia pronunciò la parola “moglie”. Essa è di per sé stessa un suono acuto e penetrante [260], e Obadia gli aveva dato una mano lasciando la porta un poco scostata, cosicché mia madre udì abbastanza da immaginarsi d’essere il soggetto della conversazione. Perciò, posando la punta dell’indice sulle labbra, trattenendo il respiro e chinando la testa un poco verso il basso, e con un torcimento del collo (non verso la porta, ma di lato, col che l’orecchio fosse portato alla fessura), si mise tutta intenta in ascolto: lo schiavo che sta origliando, con la Dea del Silenzio alle spalle, non avrebbe potuto suscitare una più squisita ispirazione per un intaglio.
In questo atteggiamento sono risoluto a lasciarla per cinque minuti: il tempo necessario per soffermarmi sui contemporanei avvenimenti in cucina (come Rapin fa per quelli della chiesa [261]).
Sebbene in un certo senso la nostra famiglia fosse di sicuro una macchina semplice, in quanto consisteva di pochi ingranaggi, c’è però da dire a suo favore che quegli ingranaggi erano messi in moto da tante molle diverse e agivano l’uno sull’altro per una tale varietà di strani principi e impulsi, che, nonostante fosse una macchina semplice, essa aveva tutta la maestosità e i vantaggi di una macchina complicata e dentro di sé un numero di movimenti bizzarri quali mai si videro all’interno d’una filanda olandese.
Tra questi ve n’era uno, di cui m’accingo a parlarvi, in cui, forse, nel complesso non c’erano tante singolarità come in molti altri: questo consisteva nel fatto che, a ogni mozione, dibattito, arringa, dialogo, progetto o dissertazione che avveniva in salotto, ce n’era generalmente un altro, contemporaneamente e sullo stesso soggetto, che si svolgeva parallelo con esso in cucina.
Ora, per fare che ciò accadesse, ogniqualvolta una lettera o un messaggio straordinario veniva consegnato in salotto, o un discorso veniva sospeso finché un servitore non fosse uscito, o le rughe di malumore venivano osservate sulla fronte di mio padre o di mia madre, o, per farla breve, quando si supponeva che vi fosse sul tappeto una qualsiasi cosa degna d’esser conosciuta o ascoltata, era una regola di lasciare la porta non completamente chiusa, ma un po’ scostata, come appunto è adesso, il che, con la scusa del cardine malandato (e forse questa poteva essere una delle molte ragioni per cui non veniva mai aggiustato), non era difficile da attuare. Col che, in tutti questi casi, veniva generalmente lasciato un passaggio, non certo largo come i Dardanelli, ma con tutto ciò abbastanza ampio, da consentire quel tanto di detto traffico contro vento sufficiente per risparmiare a mio padre il disturbo di governare la sua casa.
In questo momento mia madre ne sta approfittando.
Obadia aveva fatto la stessa cosa non appena aveva lasciato sulla tavola la lettera che aveva recato la notizia della morte di mio fratello, cosicché, prima ancora che mio padre fosse rinvenuto dallo stupore e avesse dato inizio alla sua arringa, Trim era già in piedi per esprimere i suoi sentimenti in proposito.
Un attento osservatore della natura, che avesse posseduto tutto l’inventario dei beni di Giobbe (sebbene, incidentalmente, i vostri acuti osservatori raramente posseggano un quattrino), ne avrebbe dato metà pur d’aver ascoltato il caporale Trim e mio padre, due oratori così contrastanti per indole ed educazione, arringare sulla stessa bara.
Mio padre, uomo di profonde letture, di pronta memoria, con Catone, Seneca ed Epitteto sulla punta delle dita; il caporale, con nulla da ricordare, senz’altra profonda lettura se non il suo ruolino, o maggiori nomi sulla punta delle dita se non il contenuto di questo; l’uno procedente da periodo a periodo, per metafora e allusione, e colpendo l’immaginazione, mentre andava avanti (come fanno gli uomini di spirito e di fantasia), col divertimento e la piacevolezza delle sue pitture e delle sue immagini; l’altro, senza spirito o antitesi, o caratteristica, o giro di frase a questo o a quel modo, ma lasciando le immagini da una parte e la pittura dall’altra, andando avanti dritto al cuore come la natura poteva condurlo.
O Trim! avesse voluto il Cielo che tu avessi uno storico migliore! avesse voluto che il tuo storico avesse un miglior paio di brache! O voi critici! proprio nulla v’intenerirà?