Capitolo terzo
“Bon jour! Bongiorno! Così, vi siete messo il mantello di buon’ora! ma è una mattinata fredda, e avete pensato bene a farlo; è meglio essere ben montati che andare a piedi, e le ostruzioni alle glandole sono pericolose. E come va con la tua concubina? e con tua moglie? e con i tuoi piccoli d’ambo le parti? e quando avete avuto notizie del vecchio signore e della sua signora? e di vostra sorella, zia, zio e cugini? Spero che stiano meglio con i raffreddori, tossi, blenorragie, mal di denti, febbri, strangurie, sciatiche, gonfiori, occhi infiammati.
“Diavolo d’uno speziale! cavar tanto sangue, somministrare una purga, emetico, cataplasma, impiastro, pozione notturna, clistere, vescicante così orribili? E perché tanti grani di calomelano? Santa Maria [441]! e una tale dose d’oppio! Ma è un mettere in pericolo, pardi! l’intera vostra famiglia, dal capo alla coda. Per la vecchia maschera di velluto nero della mia prozia Dina! credo che non ne era il caso.”
Ora, essendo quella un po’ spelacchiata sul mento per via del frequente togliersela e mettersela prima ch’ella restasse incinta del cocchiere, nessuno della nostra famiglia volle mettersela dopo. Far rivestire la maschera costava più di quanto valesse, e mettersi una maschera spelacchiata o mezzo trasparente era quasi peggio che non portare affatto la maschera.
Questo è il motivo, piacendo alle reverenze vostre, per cui in tutta la nostra numerosa famiglia, in queste ultime quattro generazioni, contiamo non più di un arcivescovo, d’un giudice gallese, d’un tre o quattro magistrati comunali e d’un solo saltimbanco.
Nel sedicesimo secolo vantavamo non meno d’una dozzina di alchimisti.