Capitolo settimo
Nello stesso villaggio in cui abitavano mio padre e mia madre abitava anche l’esile, diritta, materna, laboriosa, buona vecchia persona d’una levatrice che, con l’aiuto di un po’ di semplice buon senso e alcuni anni di piena attività nel suo lavoro, per il quale aveva sempre fatto poco assegnamento nei propri sforzi e moltissimi in quelli di dama Natura, si era guadagnata a suo modo un non piccolo grado di riputazione nel mondo. Con la cui parola mondo ho forse io bisogno a questo punto d’informare la signoria vostra che con essa non intendo significare nulla di più di un piccolo circolo descritto sopra il circolo del grande mondo, col diametro di quattro miglia inglesi o giù di li, nel centro del quale si deve supporre il casolare in cui viveva la buona vecchia donna? Sembra che fosse rimasta vedova in grande miseria, con tre o quattro bambini, quand’aveva quarantasette anni; e siccome era a quel tempo una persona di aspetto dignitoso e di portamento austero, una donna inoltre di poche parole e per di più oggetto di compassione, la cui miseria, tenuta sotto silenzio, invocava a gran voce un amichevole alleviamento, la moglie del pastore della parrocchia fu mossa a pietà. Questa aveva spesso deplorato un inconveniente a cui da molti anni era stato esposto il gregge di suo marito, in quanto non era possibile trovare qualcosa che assomigliasse a una levatrice, di qualunque specie o qualità, ammesso che il caso non fosse mai stato così urgente, a meno di sei o sette lunghe miglia a cavallo; queste sette lunghe miglia nelle notti buie e con strade spaventose (la regione intorno altro non essendo se non un profondo strato d’argilla) corrispondevano quasi a quattordici: il che in effetto era talvolta assai prossimo a non avere affatto levatrice. Le venne in mente che sarebbe stato compiere un’opportuna gentilezza, così all’intera parrocchia come a quella stessa povera creatura, istruendola un po’ in alcuni dei semplici principi del mestiere allo scopo di avviarla in esso. Siccome nessuna donna nel vicinato era meglio qualificata di quella per mettere in atto il disegno da lei concepito, la gentile signora molto caritatevolmente lo intraprese; e avendo grande autorità sulla parte femminile della parrocchia, non incontrò alcuna difficoltà nell’attuario pienamente secondo i suoi desideri. A onor del vero, il pastore unì il proprio interessamento a quello della moglie nell’intera faccenda; e allo scopo di compiere le cose a dovere e dare alla povera creatura un titolo legale per esercitare, valido quanto quello che la moglie le aveva dato con l’investitura, egli pagò allegramente in proprio le tasse per l’ordinaria licenza, ammontanti in tutto alla somma di diciotto scellini e quattro pence; cosicché, per mezzo di entrambi, la buona donna fu pienamente investita del possesso reale e corporale del suo ufficio, insieme con tutti i diritti, privilegi e qualsivoglia pertinenza connessa.
Dovete sapere che queste ultime parole non erano conformi al vecchio modulo in cui erano usualmente redatte simili licenze, autorizzazioni e permessi che in casi del genere erano stati sino ad allora concessi alla comunità delle donne; ma ciò era conforme a una graziosa Formula di Didio [11], sua propria trovata, il quale, avendo una particolare disposizione a smembrare e poi ricomporre a questo modo ogni onere di pubblici atti, non solo escogitò questa raffinatezza di emendamento, ma corteggiò molte matrone dei dintorni munite di vecchie licenze e le indusse a riesumarle per inserirvi questo suo ghiribizzo.
Ammetto di non essere mai riuscito a invidiare a Didio un tal genere di fantasie, ma ognuno ha i propri gusti. Quel grand’uomo del dr. Kunastrokius [12] non provava forse, nelle sue ore libere, la più grande gioia immaginabile a pettinare code d’asino e a strapparne i peli morti con i denti, pur avendo sempre in tasca un paio di pinze? Anzi, se tocchiamo questo argomento, signore, gli uomini più saggi di lutti i tempi, non eccettuando lo stesso Salomone, non hanno forse avuto il proprio dada [13]: i cavalli da corsa, le monete e le conchiglie, i tamburi e le trombette, i violini, le tavolozze, i grilli e le farfalle? E finché un uomo cavalca il suo dada pacificamente e tranquillamente per le regie strade maestre, senza costringere né voi né me a salire dietro a lui, ditemi, signore, che importa della cosa a voi o a me?