Capitolo tredicesimo
Ora, nei casi ordinari, cioè quando sono soltanto stupido e i pensieri si levano grevi e passano gommosi per la mia penna...
Oppure s’io mi trovo, non so come, in una fredda e non metaforica vena d’infame scrittura, e non riesco, per l’anima mia, a uscirne sollevandomi verticalmente, cosicché mi vedo costretto a continuare a scrivere come un commentatore danese [483] fino alla fine del capitolo, a meno che non venga fatto qualcosa...
...non mi fermo mai neppure un momento a conferire con la penna e l’inchiostro; infatti, se una presa di tabacco, oppure uno o due grandi passi per la stanza non risolveranno la cosa per me, vado subito a prendere un rasoio e, dopo averne provato il filo sul palmo della mano, senza altre cerimonie se non quella d’insaponarmi prima la barba, me la rado, badando solo, se mai vi lascio un pelo, ch’esso non sia uno grigio. Fatto ciò, cambio la camicia, indosso una giacca migliore, mi faccio portare la mia ultima parrucca, infilo al dito l’anello col topazio [484] e, in una parola, m’acconcio da capo a piedi nel modo migliore.
Ora, se questo non funziona, ci deve entrare un diavolo dell’inferno. Infatti, considerate, signore: siccome ogni uomo desidera essere presente alla rasatura della propria barba (sebbene non vi sia regola senza eccezione), e inevitabilmente siede di fronte a sé stesso per tutto il tempo dell’operazione, nel caso che vi abbia mano, quella Situazione, come tutte le altre, ha nozioni sue proprie da mettergli nel cervello.
Io sostengo che i pensieri d’un uomo con la barba incolta diventano più incisivi e giovanili di sette anni a ogni singola operazione di rasatura; e s’essi non corressero il rischio d’essere rasati via completamente, potrebbero essere innalzati, con continue rasature, al più alto vertice della sublimità. Come Omero potesse scrivere con una barba così lunga, non lo so; e siccome questo fatto contrasta con la mia ipotesi, così io ci bado poco. Ma torniamo alla Toletta.
Ludovicus Sorbonensis ne fa una questione esclusivamente corporale, (έξωτεριξγή πράξις [485]) come la chiama, ma egli s’inganna: l’anima e il corpo sono compartecipi associati in ogni cosa che fanno. Un uomo non può vestirsi senza che le sue idee si vestano nello stesso tempo; e s’egli si veste come un gentiluomo, ognuna d’esse si presenta alla sua immaginazione in una luce di signorilità, cosicché altro non gli resta da fare se non prendere in mano la penna e scrivere com’egli è.
Per questa ragione, quando i vostri onori e reverenze volessero sapere s’io scrivo pulito e in modo adatto a esser letto, esse saranno in grado di giudicarlo con altrettanta esattezza che se guardassero il libro dando un’occhiata alla nota della mia lavandaia; c’è stato un singolo mese in cui, posso dimostrarlo, ho sporcato trentun camicie col mio scrivere pulito; e tutto sommato fui più ingiuriato, maledetto, criticato e mandato al diavolo, e un numero maggiore di teste mistiche si scossero al mio indirizzo per ciò che avevo scritto in quel solo mese, che non in tutti gli altri mesi di quell’anno messi assieme.
Ma i vostri onori e reverenze non hanno visto le mie note.