Capitolo ventunesimo
Mentre Francesco I di Francia stava una sera d’inverno riscaldandosi alla brace di un fuoco di legna e parlando col suo primo ministro di svariate cose per il bene dello stato [220]:
«Non sarebbe male, — disse il re, riattizzando la brace col suo bastone, — se si rafforzasse un poco il buon accordo tra noi e la Svizzera.
— Non c’è scopo, sire, — rispose il ministro, — a dar denaro a quella gente; ingoierebbe il tesoro di Francia.
— Poh! poh! — rispose il re. — Vi sono altre maniere, Monsieur le Premier, di corrompere gli stati oltre a quello di dar loro denaro. Concederò alla Svizzera l’onore di fare da padrino al mio prossimo figlio.
— Così facendo, — rispose il ministro, — vostra maestà avrebbe addosso tutti i grammatici d’Europa; la Svizzera, come repubblica, essendo femmina, non può in nessuna costruzione essere padrino.
— Può essere madrina, — replicò vivamente il re. — Perciò annunciate le mie intenzioni domani mattina per mezzo d’un corriere.»
«Sono stupito, — disse Francesco I (due settimane dopo) rivolto al suo ministro mentre questi entrava nel suo gabinetto, — del fatto che non abbiamo avuto nessuna risposta dalla Svizzera.
— Sire, sono qui ai vostri ordini, — disse Monsieur le Premier, — per sottoporvi i miei dispacci su questa faccenda.
— L’hanno presa bene? — domandò il re.
— Sì, sire, — rispose il ministro, — e sono altamente riconoscenti dell’onore che vostra maestà ha loro concesso; ma la Repubblica, come madrina, reclama in tal caso il diritto di dare il nome al bambino.
— Assai ragionevolmente, — disse il re, — lo battezzerà Francesco, o Enrico, o Luigi, o con qualche nome che non ignora che sarà a noi gradito.
— Vostra maestà s’inganna, — rispose il ministro. — Ho ricevuto or ora un dispaccio dal nostro residente, con la determinazione della Repubblica anche su questo punto.
— E che nome ha fissato la Repubblica per il Delfino?
— Shadrach, Meshech, Abed-Nego, — rispose il ministro.
— Per il cordone di san Pietro! non voglio aver nulla che fare con gli Svizzeri, — gridò Francesco I, tirandosi su le brache e camminando frettolosamente su e giù per la stanza.
— Vostra maestà, — rispose calmo il ministro, — non può tirarsi indietro.
— Daremo loro del denaro, — disse il re.
— Sire, non vi sono sessantamila corone nel tesoro, — rispose il ministro.
— Impegnerò il migliore gioiello della corona, — ribatte Francesco I.
— Vostro onore è ormai impegnato in questa faccenda, — rispose Monsieur le Premier.
— Allora, Monsieur le Premier, — disse il re, — per…! moveremo loro guerra.»