Capitolo trentasettesimo
Passato il primo momento d’agitazione, quando i registri del cervello cominciarono a riprendersi un poco dalla confusione in cui li aveva gettati quel guazzabuglio d’incidenti incrociantisi, mi venne in mente d’un tratto che avevo lasciato i miei appunti nella tasca della diligenza e che, vendendo la diligenza, avevo venduto insieme anche i miei appunti al rappezzai ore di vetture. [ ] Lascio vuoto questo spazio affinché il lettore possa imprecarvi dentro una qualsiasi bestemmia alla quale è maggiormente abituato. Quanto a me, se mai in vita mia ho imprecato un’intera imprecazione dentro uno spazio vuoto, penso che fu proprio dentro questo...: «* * * * * * * * *»; dissi. E così, i miei appunti presi in Francia, ch’erano pieni di spirito come un uovo è pieno di nutrimento, e che valevano quattrocento ghinee come il detto uovo vale un penny, li ho venduti poco fa qui a un rappezzatore di vetture per quattro luigi d’oro, dandogli in soprappiù una carrozza (Cielo!) che ne valeva sei. Mi fosse capitato con Dodsley, o con Becket [430], o con un qualsiasi stimato libraio che stesse per ritirarsi dagli affari e avesse bisogno d’una diligenza, oppure che stesse per iniziare la sua attività e avesse bisogno dei miei appunti con l’aggiunta di due o tre ghinee, avrei potuto sopportare la cosa; ma con un rappezzatore di vetture!...
«Accompagnami subito da lui, François», dissi.
Il valet de place si mise il cappello e fece strada; e io mi tolsi, il mio mentre oltrepassavo il commissario, e lo seguii.