Capitolo diciannovesimo
Mio padre era tornato dalla sua passeggiata al vivaio e aprì la porta del salotto nel momento culminante dell’attacco, proprio mentre lo zio Tobia saliva sugli spalti. Trim ripristinò la posizione delle braccia. Mai lo zio Tobia in tutta la sua vita era stato colto a galoppare così a rotta di collo! Ahimè! zio Tobia! Se una questione più grave non avesse totalmente impegnato la pronta eloquenza di mio padre, come sareste allora stati insultati tu e il tuo povero dada!
Mio padre appese il cappello con la stessa aria con cui l’aveva preso e, dopo aver gettato una rapida occhiata al disordine della stanza, afferrò una delle sedie che avevano costituito la breccia per il caporale, e collocandola di fronte allo zio Tobia vi si sedette; non appena fu portato via il vassoio del tè e la porta fu richiusa, proruppe nella seguente lamentazione:
LAMENTAZIONE DI MIO PADRE
«È ormai vano, — disse mio padre, rivolgendosi tanto alla maledizione di Ernulfo, ch’era posata sull’angolo della mensola del camino, quanto allo zio Tobia che vi sedeva sotto, — è ormai vano, — disse mio padre con la più querula monotonia immaginabile, — lottare come ho fatto contro questa sconfortantissima tra le persuasioni umane. Vedo chiaramente, fratello Tobia, che, o per i miei peccati, o per i peccati e le follie della famiglia Shandy, il Cielo ha creduto opportuno puntare la più pesante delle sue artiglierie contro di me, e che la prosperità del mio bambino è il bersaglio contro cui essa dirige tutta la violenza del suo fuoco.
— Una simile cosa colpirebbe l’intero universo attorno alle nostre orecchie, fratello Shandy, — disse lo zio Tobia; — se così fosse…
— Infelice Tristram! figlio della collera! figlio della decrepitezza! interruzione! errore! e scontento! Esiste mai sfortuna o sciagura del libro dei malanni embrionici, capace di sgangherare la tua struttura o di aggrovigliare i tuoi filamenti, che non sia piombata sul tuo capo ancor prima che tu venissi al mondo? Quanti mali al tuo giungervi! quanti mali da quel momento! Generato nel declino dei giorni di tuo padre, quando le forze della sua immaginazione e del suo corpo andavano indebolendosi, quando il calore radicale e l’umidità radicale, gli elementi che avrebbero dovuto temperare i tuoi, andavano inaridendosi, e null’altro restava su cui fondare la tua forza vitale, se non nel migliore dei casi negazioni… è compassionevole, fratello Tobia… e sollecitate per tutti i piccoli aiuti che la cura e l’attenzione da ambo le parti avrebbero potuto darle. Ma come fummo sconfitti! Tu conosci l’evento, fratello Tobia… esso è troppo melanconico perché sia ora ripetuto… quando i pochi spiriti animali che ancora mi restavano, e con i quali la memoria, la fantasia e le doti d’ingegno avrebbero dovuto essere convogliate, furono tutti dispersi, confusi, scompigliati, sparpagliati e mandati al diavolo…
«Venne poi il tempo di por fine a questa persecuzione contro di lui, e tentare almeno un esperimento, se cioè la calma e la serenità di mente di tua cognata, con una debita attenzione, fratello Tobia, alle sue evacuazioni e replezioni e al resto dei suoi non-naturali, non potessero, nel corso dei nove mesi di gestazione, aver rimesso ogni cosa al suo posto. Il mio bambino ne fu privato! Che vita molesta ella condusse per sé, e perciò anche per il suo feto, con quell’insensata brama di partorire in città!
— Pensavo che mia cognata avesse accondisceso con la massima pazienza, — rispose lo zio Tobia; — non l’ho mai sentita proferire una sola parola irritata al riguardo.
— Si rodeva dentro, — sbottò mio padre; — e ciò, lascia che te lo dica, fratello, fu dieci volte peggio per il bambino. E poi! quali battaglie non combatté con me e quali perpetue dispute per la levatrice!
— Così poté avere uno sfogo, — disse lo zio Tobia.
— Sfogo! — gridò mio padre alzando gli occhi al cielo. — Ma che mai fu tutto ciò, mio caro Tobia, in confronto ai danni arrecatici dalla venuta al mondo del mio bambino con la testa in avanti, mentre la sola cosa che desideravo, in questo generale disfacimento della sua struttura, era di salvare intatto e non saccheggiato quel piccolo scrigno…
«A dispetto di tutte le mie precauzioni, come fu capovolto e messo a soqquadro il mio sistema insieme col bimbo nel grembo materno! la sua testa esposta alla mano della violenza e a una pressione di 470 libbre avoirdupois esercitata così perpendicolarmente sulla sua sommità, che a quest’ora, con novanta probabilità su cento, il fine reticolo del tessuto intellettuale è lacerato e ridotto in mille brandelli.
«Si poteva ancora fare qualcosa. Sciocco, buffone, minorato… ma almeno dargli un Naso… Storpio, nano, sbavone, cervello di gallina (qualunque aspetto avesse avuto), la porta della fortuna rimane aperta… O Liceto! Liceto! Fossi stato benedetto d’aver un feto lungo cinque pollici e mezzo come te [217]… Il Fato avrebbe portato a termine il peggio.
«Restava ancora, alla fin fine, fratello Tobia, una carta da giocare in favore di nostro figlio… O Tristram! Tristram! Tristram!
— Manderemo a chiamare il signor Yorick, — disse lo zio Tobia.
— Puoi mandare a chiamare chi vuoi», rispose mio padre.