125.

Novembre 2007

“Bella vacanza?” domandò Roy Grace.

“Molto divertente. Ho visto la spiaggia soltanto dal finestrino dell’aereo”, rispose Glenn Branson.

“Dev’essere bellissima, Koh Samui. Così mi hanno detto.”

“Era umido da morire e ha pisciato pioggia per tutto il tempo che sono rimasto lì. E qualcosa mi ha punto sulla gamba, una zanzara mutante o un ragno. Si è gonfiata un sacco, vuoi vederla?”

“No, grazie lo stesso.”

Il Sergente Investigativo, seduto su una sedia di fronte alla scrivania di Grace, con il completo e la camicia che, dall’aspetto e dall’odore, parevano avergli fatto anche da pigiama, scosse la testa con un sorriso. “Sei proprio un bastardo, Grace, sai?”

“E non riesco a credere che tu mi abbia incasinato un’altra volta la collezione di dischi. Ti ho permesso di stare da me una notte. Una sola. Non ti ho chiesto di togliere ogni cd che possiedo dalla custodia e di lasciarlo sul pavimento.”

Branson ebbe la decenza di sembrare imbarazzato. “Stavo cercando di sistemarli. Io ho... merda, mi dispiace.” Sorseggiò un po’ di caffè e soffocò uno sbadiglio.

“Allora, come sta il prigioniero? A che ora siete arrivati?”

Branson guardò l’orologio. “Più o meno alle sette meno un quarto.” Questa volta sbadigliò davvero. “Mi sa che nelle ultime due settimane abbiamo fatto fuori il budget dell’Anticrimine del Sussex per i viaggi aerei.”

Grace sorrise. “Wilson ha detto qualcosa?”

Branson sorseggiò ancora un po’ di caffè. “Sai, per quanto possa sembrare incredibile, in effetti pare un tipo a posto.”

“Oh, certo, come no. È la persona più perbene che si possa incontrare, giusto? Ha solo un piccolo problema, preferisce uccidere le sue mogli piuttosto che farsi una sola onesta giornata di lavoro.” Grace rivolse all’amico un’occhiata di finta indignazione. “Glenn, tu sei una brava persona. Se non fosse stato per tutta la merda che mi è capitata nella vita, probabilmente anch’io sarei una brava persona. Ma Ronnie Wilson? No, lui non lo è affatto. È soltanto bravo a gettare fumo negli occhi alla gente.”

Branson annuì. “Già. Non intendevo dire quello.”

“Hai bisogno di andare a casa, farti una dormita, una doccia e tornare qui fresco e riposato.”

“Lo farò. Ma in realtà Wilson ha parlato molto. Era di umore filosofico e aveva voglia di chiacchierare. Ho la sensazione che ne abbia abbastanza di scappare. È rimasto nascosto per sei anni. Ecco perché ha acconsentito a tornare indietro con noi. Anche se continuava a parlare di una certa ragazza thailandese. Voleva che gli permettessimo di mandarle un messaggio.”

“L’hai avvertito prima che cominciasse a parlare? I suoi diritti e tutto il resto?”

“Certo.”

“Bravo.”

Significava che tutto ciò che Ronnie Wilson aveva detto sull’aereo poteva essere usato contro di lui in tribunale.

“Ti dirò una cosa: è furioso con Skeggs. Voleva essere sicuro che, se fosse finito in galera, avrebbe trascinato con sé anche Skeggs.”

“Oh?”

“A quanto posso capire da quello che ha detto, sembra che Skeggs l’abbia aiutato quando è arrivato in Australia.”

“Come pensavamo”, disse Grace.

“Esatto. A un certo punto, però, Ronnie Wilson ha acquistato questa partita di francobolli rari.”

“Da sua moglie?”

“È stato evasivo sull’argomento.”

“Non ne sono sorpreso.”

“In ogni modo, li ha dati a Skeggs per rivenderli e Skeggs ha tentato di fotterlo. Voleva il novanta percento del loro valore, altrimenti minacciava di denunciare Ronnie. Ma Skeggs aveva un punto debole. Era in calore per la ragazza di Ronnie – quella con cui viveva, mi ha detto, dopo che sua moglie – parole sue – si era tolta di mezzo.”

“Nel bagagliaio di una macchina.”

“Esatto.”

“E la ragazza era una certa Abby Dawson?”

“Sei molto acuto stamattina, mio caro Soprintendente.”

“Ho avuto il vantaggio di una notte di sonno. Quindi, Ronnie Wilson la usa come una specie di esca? La convince a scoparsi Skeggs e a riprendersi i francobolli. Sono sulla pista giusta?”

“Sei sulla monorotaia, amico mio.”

“Credi che avrebbe ucciso Abby una volta riavuti i francobolli?” domandò Grace.

“Visti i precedenti? Senza alcun dubbio. È un avvoltoio.”

“Credevo che qualche momento fa avessi detto che era un tipo a posto.”

Branson sospirò, sconfitto. Poi, improvvisamente, cambiò argomento. “Ti sei già comprato una macchina nuova?”

“No. Stramaledette compagnie di assicurazione. Vogliono invalidare la mia polizza perché la stavo guidando durante un inseguimento. Bastardi. Sto cercando di risolvere la questione. Il Quartier Generale mi sta aiutando, visto che ero in servizio.” Poi, tornando sulla questione precedente, disse: “Allora credi che Abby abbia ancora i francobolli?”

“Di sicuro.”

“Hegarty è sicuro al cento percento che la roba che hai fotocopiato sia spazzatura.”

“Non il minimo dubbio.”

“Ci ho riflettuto”, disse Grace. “È stato per questo che ha dato un calcio nelle palle a Skeggs.”

Branson aggrottò la fronte. “Non ti seguo.”

“Il motivo per cui ha mollato un calcio a Skeggs quando gli stava dando i francobolli era perché aveva bisogno di tempo. Sapeva che gli stava rifilando un pacco e che lui ci avrebbe messo solo pochi secondi per rendersene conto. Gli è saltata addosso per farci entrare in azione. Aveva intenzione di fregarlo fin dall’inizio.”

Branson lo fissò, annuendo mentre lentamente iniziava a capire. “È veramente furba, la ragazza.”

“Lo è davvero. E nessuno ha mai davvero denunciato il furto dei francobolli, giusto?”

“Giusto”, disse Branson, pensoso. “Ma che mi dici delle compagnie assicurative? Quelle che hanno pagato il risarcimento per le vittime dell’undici settembre e quella con cui Wilson aveva stipulato l’assicurazione sulla vita? Non potrebbero avere qualche pretesa sui francobolli, visto che sono stati acquistati con i loro soldi?”

“Stesso problema – la catena di possesso. Senza la testimonianza di Hegarty, come potranno mai dimostrarlo?”

I due detective rimasero in silenzio per qualche istante. Glenn bevve ancora un po’ di caffè, poi disse: “Ho sentito dire da Steve Mackie che Pewe ha fatto domanda di trasferimento.”

Grace sorrise. “Te lo confermo. Vuole tornare alla Polizia Metropolitana. Buona fortuna a loro!”

Dopo un’altra pausa, Glenn disse: “Quindi, questa donna... dove pensi che sia, adesso?”

“Sai cosa penso? Credo che probabilmente sia su una spiaggia tropicale da qualche parte a bersi un margarita, a godersela un mondo con un bel sorriso stampato sulla faccia.”

Ed era proprio così.

Doppia identità
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