57.
Ottobre 2007
La luce e la ventola erano accese da quelle che le sembravano ore e ore. Nella piccola stanza senza finestre, Abby aveva perso del tutto la cognizione del tempo. Non sapeva se fuori era ancora notte oppure già mattina. La bocca e la gola erano secche e ruvide, aveva una fame insopportabile e quasi ogni parte del suo corpo era diventata insensibile o le doleva a causa del nastro isolante che la teneva legata.
Rabbrividiva di freddo per la corrente gelida costante. Aveva un bisogno disperato di soffiarsi il naso, che era occluso e le causava sempre più difficoltà nel respirare. Dalla bocca non entrava un filo di aria e, respirando sempre più veloce, sentiva che le stava per venire un altro attacco di panico.
Tentò di calmarsi, di rallentare il respiro. Si sentiva come sdoppiata, come se fosse morta e vedesse il suo corpo dall’alto. Come se la persona nuda legata con il nastro isolante non fosse più lei, ma un’altra.
Era morta.
Il cuore le batteva con forza. Martellava. Tentò di dirsi qualcosa e udì il suono attutito e ronzante dentro la bocca. Sono ancora viva. Sento il mio cuore che batte.
Dentro il cranio, una morsa le serrava il cervello. Era confusa, aveva la vista annebbiata. Poi iniziò a tremare in modo incontrollabile. La pelle le si imperlò del sudore gelido della paura, mentre un pensiero la colpiva con la forza di un martello pneumatico.
E se se ne è andato e mi ha lasciata qui?
Se mi ha lasciata qui a morire... ?
Quando aveva conosciuto Ricky aveva pensato che, come Dave, la sua aggressività si limitasse alle chiacchiere, un vanto, qualcosa che gli serviva per tenersi allo stesso livello dei loro amici gangster. Poi una notte, mentre era con lui, Ricky aveva catturato un ragno nella vasca da bagno e gli aveva bruciato le zampe con l’accendino, una dopo l’altra, dopodiché l’aveva lasciato a morire in un barattolo di vetro.
La consapevolezza che era capace di fare la stessa cosa con lei la fece lottare contro i legacci con una nuova, improvvisa urgenza. Il panico diventava sempre più forte.
Concentrati.
Focalizza.
Ricorda: è soltanto un attacco di panico. Non stai morendo. Non sei fuori dal tuo corpo. Ripeti il tuo mantra.
Inspirò ed espirò, inspirò ed espirò. Ciao, recitò mentalmente. Sono Abby Dawson. Sto bene. Questa è soltanto una stupida reazione chimica sballata. Sto bene, sono nel mio corpo, non sono morta, tutto questo passerà.
Tentò di concentrare i propri sforzi a turno su ognuno dei legacci, cominciando da quello che aveva intorno alla fronte. Il collo le faceva sempre più male a causa della testa tirata così tanto all’indietro. Ma, per quanto ci provasse con tutte le proprie forze, non riusciva a spostarla nemmeno di un centimetro.
Poi provò con le mani, che erano fasciate alle cosce. Le sue dita erano allargate e legate anch’esse dal nastro isolante, rendendole impossibile fare presa su qualsiasi cosa. Tentò di muovere le gambe, ma erano strette insieme con tanta forza che era come se gliele avessero ingessate. Nulla cedeva. Non c’era gioco da nessuna parte, in nessuna direzione.
Dove aveva imparato a immobilizzare così una persona? O forse aveva improvvisato, godendosi un lavoro ben fatto?
Oh sì, doveva essersela goduta di sicuro.
E, sinceramente, non poteva biasimarlo.
D’un tratto, si ritrovò disperata a desiderare di non aver mai acconsentito a quella cosa. Non era abbastanza forte, se ne rendeva conto soltanto ora. Non era abbastanza furba. Cosa diavolo le aveva fatto credere di poterci riuscire? Come aveva potuto essere così stupida?
Un rumore interruppe i suoi pensieri, poi lo scricchiolio di una scarpa di gomma. Subito dopo, un’ombra si allungò sulla porta. Ricky la stava guardando, tenendo una grossa borsa di plastica del supermercato ASDA in una mano e una tazza di caffè fumante nell’altra. Abby poteva sentirne l’aroma. Dio, era così buono...
“Spero che tu ti sia riposata stanotte, Abby. Voglio che tu sia in forma, oggi. Dormito bene?”
Lei emise un gemito soffocato.
“Già. Scusami per il nastro adesivo. Ma i muri in questo posto non sono poi così spessi. Non posso correre rischi, sono certo che mi capisci. Ammetto che sarai stata un po’ scomoda. Ma, in realtà, fa molto bene alla schiena, quella posizione. Si sta con la spina dorsale bella dritta. Non ti ha mai detto nessuno quanto sia importante una postura corretta?”
Lei non disse nulla.
“No, be’, non credo che la parola correttezza compaia molto spesso nel tuo vocabolario.” Appoggiò la busta sul pavimento. Fece un rumore metallico, seguito da una serie di tintinnii.
“Ho fatto qualche acquisto. Prima d’ora non ho mai veramente torturato nessuno. L’ho visto fare nei film, certo. Ho letto qualcosa.”
La gola di Abby si serrò.
“Voglio solo che tu capisca, Abby, che non devo per forza farti del male. Basta che tu mi dica dov’è. Sai, quella cosa che mi hai preso. Tipo tutti i soldi che avevo da parte.”
Lei era in silenzio, tremante.
Lui prese il sacchetto e lo scosse, con un forte clangore metallico. “Ci sono un sacco di cose, qui dentro, per gran parte alquanto primitive. Ho un trapano che può tranquillamente passarti le rotule da parte a parte. Una scatola di aghi e un piccolo martello. Potrei infilarteli sotto le unghie. Ho delle pinze per i tuoi bei dentini. Oppure potremmo essere un po’ più raffinati.”
Si mise una mano in tasca e ne tirò fuori un iPod nero. Poi glielo mise davanti agli occhi. “Musica”, disse. “Ascolta un po’.”
Le infilò gli auricolari, controllò il display e premette il pulsante start. Poi alzò il volume.
Abby udì una canzone che conosceva ma di cui non le veniva in mente il titolo.
“Fool for love”, la aiutò Ricky. “Potrei essere io, non trovi?”3
Lei lo guardò, quasi folle di terrore, senza sapere che reazione lui si aspettasse. E cercando di non fargli vedere quanta paura aveva in quel momento.
“Mi piace questo disco”, disse lui. “E a te? Ricordi? Occhi a destra per il sì, a sinistra per il no.”
Abby spostò gli occhi a destra.
“Bene, adesso sì che cominciamo a ingranare! Allora, dimmi, è qui o è da qualche altra parte? Anzi, no... devo attenermi a domande più semplici. È qui, in questo appartamento?”
Abby spostò gli occhi a sinistra.
“Okay. Allora da qualche altra parte. È a Brighton?”
Lei spostò gli occhi a destra.
“In una cassetta di sicurezza?”
Ancora una volta, gli occhi di Abby andarono verso destra.
Lui si infilò una mano nella tasca dei jeans e ne tirò fuori una chiavetta sottile. “La chiave è questa?”
I suoi occhi gli dissero che lo era.
Ricky sorrise. “Bene. Adesso dobbiamo scoprire la banca e l’indirizzo. È la NatWest?”
Occhi a sinistra.
“Lloyds TSB?”
Occhi a sinistra.
“HSBC?”
I suoi occhi si mossero ancora a sinistra. E lo stesso fecero per la Barclays.
“Okay, credo di aver capito”, disse, e si allontanò. Dopo poco tornò tenendo una copia delle Pagine Gialle, aperta alla pagina delle compagnie che offrivano servizi di custodia. Il suo dito corse verso il basso, fermandosi e ottenendo una risposta negativa da parte di Abby a ogni nominativo. Poi giunse alla Southern Deposit Security.
Gli occhi di Abby andarono a destra.
Lui studiò il nome e l’indirizzo, quasi volesse memorizzarli, poi chiuse l’elenco telefonico.
“Okay, bene. Adesso tutto quello che dobbiamo fare è scoprire qualche altro dettaglio. Il conto sarà a nome di Abby Dawson?”
Occhi a sinistra.
“Katherine Jennings?”
Abby spostò gli occhi a destra.
Lui sorrise. Sembrava soddisfatto.
Poi lei lo fissò, cercando di attirare la sua attenzione. Ma Ricky non era interessato.
“Hasta la vista, baby!”, le disse in tono allegro. “È una frase di uno dei miei film preferiti. Ricordi?” La guardò intensamente.
Lei spostò gli occhi verso destra. Ricordava. Conosceva quel film, quella battuta. Era Arnold Schwarzenegger in Terminator. Sapeva cosa voleva dire.
Ci si vede!
3 In questo caso il termine fool viene usato nell’accezione più comune, ovvero stupido, o idiota. Quindi la traduzione del titolo non sarebbe Pazzo per amore, quanto Reso stupido dall’amore. [NdT]