89.

Ottobre 2007

Mentre aspettava che il nastro portabagagli si mettesse in movimento, Roy Grace mandò a Cleo un sms per dirle che era arrivato. Secondo i suoi calcoli, nel Regno Unito dovevano essere le sei e un quarto del pomeriggio. Quindici minuti prima dell’inizio del briefing serale dell’Operazione Dingo.

Chiamò Lizzie Mantle per farsi aggiornare, ma sia alla linea fissa che al numero di cellulare si attivava direttamente la segreteria telefonica. Poi provò con Glenn Branson, che rispose al secondo squillo.

“Ti sei rimesso le scarpe?”

“Sì. Telefonavo proprio per informarti. Pensavo che la cosa ti avrebbe fatto piacere.”

“Allora, dove sei? Sei atterrato, giusto? All’aeroporto Kennedy?”

“Newark. Sto aspettando i bagagli.”

“Bella fortuna che hai, svignartela a New York e lasciare tutti noi qui a fare il lavoro sporco.”

“Ti avrei mandato in Australia, ma pensavo che nella tua situazione attuale non sarebbe stata una mossa molto intelligente.”

“In questo momento, più lontano sto da Ari, e più lei è felice. In ogni caso, ti racconto meglio quando torni.”

Oh, risparmiamela, pensò Grace. Se da un lato avrebbe fatto qualsiasi cosa per aiutare quell’uomo a cui voleva così bene, era sempre nervoso all’idea di dare a lui – o, se per questo, a chiunque altro – consigli sulla vita affettiva. Che cosa ne poteva sapere lui? E che tipo di esempio poteva essere il suo matrimonio? Al momento, però, non disse nulla di tutto ciò.

“Quindi, dimmi, ci sono novità?” domandò.

“Be’, in effetti nelle ultime sette ore abbiamo sgobbato parecchio, mentre tu te ne stavi comodamente seduto a bere champagne e a goderti un bel film.”

“Ho viaggiato in classe turistica, anchilosato su un sedile minuscolo, a rischio di listeria e trombosi. E le mie cuffie non funzionavano. A parte questo, ci sei andato molto vicino.”

“È dura ai vertici, Roy. Non è così che dicono?”

“Sì, sì. Questa telefonata mi sta costando una fortuna. Taglia corto!”

Branson gli riferì della visita al negozio di francobolli Hawkes e a casa di Hugo Hegarty.

Grace ascoltò attentamente. “Allora si tratta sul serio di francobolli! Quella ha convertito tutti quei soldi in francobolli!”

“Esatto. Nessun problema di trasferimento. E aggiri tutte le regole contro il riciclaggio di denaro. Negli aeroporti hanno cani addestrati per fiutare i contanti. Senza contare che tre milioni e duecentocinquantamila sterline in contanti occupano un sacco di spazio, mentre per il loro controvalore in francobolli bastano un paio di buste formato A4.”

“Abbiamo idea di cosa ne abbia fatto, dei francobolli?”

“Per ora no. In ogni caso, poi siamo andati a trovare la sorella di Lorraine Wilson.”

“E cosa vi ha detto?”

“Un sacco di cose, in effetti.”

Ci fu un suono acuto e il nastro trasportatore iniziò a muoversi. Grace venne spintonato da due uomini obesi, poi una vecchietta gli spinse un carrello portabagagli contro le caviglie. Roy fece un passo indietro e si allontanò dalla calca intorno al nastro, raggiungendo un punto in cui aveva un po’ di spazio a disposizione e poteva tenere d’occhio i bagagli. Da un’operazione all’aeroporto di Gatwick un paio di anni prima, sapeva che i furti di bagagli sui nastri trasportatori erano fin troppo frequenti.

“C’è un sacco di rumore, dalle tue parti”, disse Branson.

“Io ti sento benissimo. Vai avanti.”

“La prima cosa è che la sorella è andata a New York con Lorraine Wilson una settimana dopo l’undici settembre, non appena sono riuscite a prendere un aereo. Sono andate all’albergo in cui stava Ronnie, il W.”

“Il W?” domandò Grace. “Il W cosa?”

“È il nome dell’albergo.”

“Soltanto W?”

“Vecchio mio, ma vivi in una caverna o cosa? Hai bisogno di assumermi come consulente di stile, amico. I W sono una catena di alberghi. Il massimo del cool.”

“Già... be’, per il mio stipendio il cool è fuori portata.”

“Non posso credere che non li hai mai sentiti nominare.”

“Be’, credici, ecco un altro dei grandi misteri irrisolti della vita. A parte la mia imperdonabile ignoranza, c’è altro che vuoi dirmi su quell’albergo?”

“Sì, e mica poco. Alcuni degli effetti personali di Wilson erano ancora nella camera, e la direzione non era troppo contenta perché la carta di credito lasciata in reception era risultata scoperta.”

“Non hanno fatto nessuna concessione, dal momento che era morto?”

“Suppongo che a quel punto non lo sapessero ancora con certezza. Wilson aveva prenotato solo per due notti e il conto era da pagare. In ogni caso, dopo il fatto è che il suo passaporto e il biglietto di ritorno erano ancora nella cassaforte della camera.”

Con sollievo, Grace vide apparire la borsa. “Aspetta un attimo.” Si avventò in avanti per afferrarla, poi riprese la telefonata. “Okay, continua.”

“Allora le due sorelle sono andate al Molo Novantadue, dove il Dipartimento di Polizia di New York aveva organizzato una specie di centro di accoglienza per coloro che avevano perso qualcuno negli attentati. La gente ci portava spazzole e pettini, per prelevare campioni del dna delle presunte vittime che servissero per l’identificazione dei corpi, o dei resti. Al centro venivano anche consegnati gli oggetti personali recuperati dalle macerie. Lorraine ci è andata con sua sorella, ma fino a quel momento la polizia non aveva rinvenuto nulla che apparteneva a Ronnie Wilson, né che potesse identificarlo.”

Grace trascinò la borsa lontano dalla folla e si mise in un punto più tranquillo, poi dovette aspettare che terminasse un annuncio registrato prima di chiedere a Branson: “E che mi dici dei soldi ricevuti da Lorraine?”

“Ci arrivo, ci arrivo, e tra un minuto devo andare alla riunione.”

“Di’ al detective Mantle di chiamarmi quando è finita.”

“Lo farò. Ma prima devi sentire questa. Ci sono sviluppi importanti! Comunque, Lorraine riesce a scroccare millecinquecento dollari all’agente al Molo Novantadue. Davano soldi a chiunque avesse perso qualcuno negli attentati e fosse in difficoltà finanziarie.”

“Mi sembra giusto, in quei giorni. Lei era rimasta nella merda, senza soldi, giusto?”

“Sì. Poi, un paio di settimane dopo il loro ritorno nel Regno Unito, sua sorella ci ha detto che Lorraine ha ricevuto una telefonata: i volontari che scavavano tra le macerie di Ground Zero avevano trovato un portafogli mezzo bruciato con la patente di Ronnie Wilson e un cellulare che risultava intestato a lui. Le hanno mandato delle fotografie del portafogli e del suo contenuto perché lei potesse identificarli.”

“E lei l’ha fatto?”

“Sì. Per quanto riguarda i soldi che aveva incassato – il pagamento dell’assicurazione sulla vita, e poi l’indennizzo dal fondo per le vittime – ora arriviamo al punto: sua sorella era sbalordita, quando gliel’abbiamo detto. Più che sbalordita, direi. Ci è rimasta proprio fottutamente folgorata.”

“Fingeva?”

“A me non è sembrato. E neanche a Bella. Passava dallo stordimento alla rabbia. Voglio dire, a un certo punto è proprio schizzata, dicendo che aveva dato fondo ai suoi risparmi per aiutare Lorraine e, stando ai documenti bancari, la cosa è avvenuta molto dopo che Lorraine aveva ricevuto la prima sommetta.”

“Quindi ha fregato anche lei, eh?”

“Sembra che tra quelle due fosse una cosa a senso unico. Ma devi ancora sentire il meglio. Questa ti piacerà proprio.”

Ci fu un altro annuncio registrato. Grace gridò a Branson di aspettare finché non fosse finito.

“Oggi sono arrivati i risultati dell’esame di laboratorio sul dna del feto ritrovato nel corpo di Lorraine Wilson. Mi sa che sappiamo chi è il padre!”

“Chi?” domandò Grace, eccitato.

“Be’, se i risultati sono corretti, altri non è che Ronnie Wilson.”

Grace rimase in silenzio per un lungo istante, con l’adrenalina che gli scorreva nelle vene. Era eccitato dal fatto che la sua intuizione si fosse rivelata esatta. “Quanto è attendibile la corrispondenza?”

“Per questo esame in particolare, la corrispondenza famigliare, significa che abbiamo la metà del dna del padre. Potrebbero esserci altre corrispondenze. Ma, considerando chi è la madre, direi che le probabilità che si tratti di qualcun altro sono talmente basse da non doverle neanche prendere in considerazione.”

“Il campione di confronto per il dna di Ronnie da dove proveniva?”

“Da una spazzola per capelli che la moglie aveva portato alla polizia quando è andata a New York. Il profilo genetico era stato inviato alla polizia britannica, come di routine, ed è stato inserito nel database nazionale.”

“Il che significa”, disse Grace, “che o il nostro amico Wilson ha lasciato in eredità da qualche parte dello sperma congelato usato dalla moglie – che non era poi morta come sembrava – per la fecondazione artificiale, oppure...”

“Io propendo per l’oppure”, disse Branson.

“Di sicuro sembra l’alternativa più plausibile, per come la vedo io”, commentò Grace.

“E da dove ti trovi tu, la vedi da molto vicino, vecchio mio. Con o senza scarpe.”

Doppia identità
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