93.

Ottobre 2007

Mentre Glenn Branson tornava alla sua scrivania dopo il briefing delle sei e mezza dell’Operazione Dingo, gli squillò il cellulare. Era un numero sconosciuto di Brighton.

“Detective Branson”, rispose. Poi riconobbe immediatamente la voce all’altro capo del filo.

“Oh, sergente, mi scuso per averla chiamata un po’ tardi.”

“Non ci sono problemi, signor Hegarty. Cosa posso fare per lei?” disse Glenn camminando.

“È un buon momento?”

“Va benissimo.”

“Be’, è appena capitata una cosa incredibile”, disse Hugo Hegarty. “Ricorda quando lei e la sua affascinante collega siete tornati da me questo pomeriggio e vi ho dato una lista? Una lista e una descrizione di tutti i francobolli che ho acquistato da Lorraine Wilson nel 2002?”

“Sì.”

“Be’, senta, questa potrebbe anche essere una di quelle strane coincidenze che capitano ogni tanto, ma ormai è molto tempo che sono in questo ambiente e non credo proprio che lo sia.”

Glenn raggiunse la porta della Sala Uno ed entrò. “Sì?”

“Ho appena ricevuto una telefonata da una donna, dalla voce sembrava giovane, e piuttosto nervosa. Mi ha chiesto se ero in grado di vendere una collezioni di francobolli di valore in suo possesso. Le ho chiesto di fornirmi dei dettagli, e ciò che la donna mi ha descritto è esattamente – e intendo proprio esattamente – ciò che ho comprato anni fa per Lorraine Wilson. Manca solo qualche pezzo, forse venduto nel frattempo.”

Sempre con il cellulare all’orecchio, Branson si avvicinò alla postazione di lavoro e si sedette, rendendosi conto dell’importanza della cosa. “È proprio sicuro che non si tratti di una coincidenza, signor Hegarty?” domandò.

“Be’, si tratta di tavole rare di francobolli in perfetto stato, desiderabili per qualsiasi collezionista, più qualche francobollo singolo. Dubito che riuscirei a ricordare, da cinque anni fa, se i timbri postali sui francobolli sono gli stessi. Ma, per farle capire un po’ meglio, ci sono due Tavole 77 di Penny Reds – credo che l’ultimo prezzo di mercato le collochi più o meno a centosessantamila sterline. C’erano diverse Tavole 10 e Tavole 11 di Penny Blacks – valgono tra le dodici e le tredicimila sterline ognuna e sono facilmente commerciabili. Poi c’è una quantità non indifferente di Tuppenny Blues, più un numero davvero considerevole di francobolli ancora più rari. Potrebbe trattarsi di una coincidenza se ne avesse soltanto uno o due, ma gli stessi pezzi, nelle stesse quantità...”

“Sì, devo ammettere che suona un po’ strano, signor Hegarty.”

“Per essere onesto”, disse Hegarty, “se non avessi riguardato i registri proprio oggi per compilare la lista da dare a voi, dubito che mi sarei reso conto che si trattava di una corrispondenza tanto perfetta.”

“Sembra che sia stato un colpo di fortuna. Apprezzo molto che ce l’abbia comunicato. Ha chiesto per caso alla donna dove li aveva presi?”

Hegarty abbassò la voce, quasi temesse di essere ascoltato da qualcuno. “Ha detto di averli ereditati da una zia in Australia e che un tizio incontrato a una festa a Melbourne le ha fatto il mio nome, suggerendole di rivolgersi a me.”

“Proprio lei invece che qualcuno in Australia, signor Hegarty?”

“Quel conoscente le avrebbe detto che negli Stati Uniti o nel Regno Unito poteva ottenere un prezzo migliore. E visto che stava tornando qui per occuparsi della madre anziana, ha pensato di contattarmi per primo. Verrà qui domattina alle dieci per mostrarmi i francobolli. Ho creduto opportuno non indagare oltre, e riservarmi di farle qualche domanda quando l’avessi incontrata di persona.”

Branson guardò gli appunti. “È interessato a comprarli?”

Poté quasi sentire il lampo di avidità negli occhi di Hegarty quando gli rispose.

“Be’, mi ha detto di avere fretta di vendere... e di solito è quello il momento migliore per comprare. Non sono molti i commercianti e i collezionisti in grado di procurarsi la somma in contanti necessaria ad acquistare un lotto del genere tutto in una volta, sarebbe più normale dividerlo in più lotti e metterli all’asta. Ma vorrei avere maggiori garanzie sulla loro provenienza. Sarebbe una scocciatura, scucire tanti soldi per poi trovarvi alla porta di casa qualche ora dopo. È per questo che le ho telefonato.”

Ma certo. Qui non si tratta di Hugo Hegarty che fa il buon cittadino. Si tratta di Hegarty che si para il culo, pensò Glenn Branson. Eppure così era la natura umana, e non riusciva a biasimare quell’uomo.

“Più o meno che valore darebbe al lotto di francobolli, signor Hegarty?”

“Come compratore o venditore?” Ora il tono sembrava ancora più scaltro.

“In entrambi i casi.”

“Il valore totale a catalogo, secondo i prezzi del mercato attuali... stiamo parlando di circa quattro milioni e mezzo. Quindi, come venditore, è questa la cifra che cercherei di ottenere.”

“Quattro milioni e mezzo di sterline?”

“Oh, sì. Sterline.”

Branson era sbalordito. Le tre milioni e settecentocinquantamila sterline intascate originariamente da Lorraine Wilson più trenta percento circa – e questo dopo che, con ogni probabilità, un numero consistente di francobolli era stato venduto.

“E come compratore, signor Hegarty?”

D’un tratto, Hegarty parve reticente. “Il prezzo che pagherei dipenderebbe molto dalla provenienza. Avrei bisogno di maggiori informazioni.”

Il cervello di Branson lavorava a pieno regime. “La donna verrà da lei domattina alle dieci? L’appuntamento è fissato?”

“Sì.”

“Come si chiama?”

“Katherine Jennings.”

“Le ha dato un indirizzo o un numero di telefono?”

“No, niente.”

Il detective scrisse il nome, ringraziò Hegarty e chiuse la comunicazione. Poi avvicinò a sé la tastiera del computer, digitò il codice di accesso al sistema e immise il nominativo Katherine Jennings.

Nel giro di qualche secondo, un risultato apparve sullo schermo.

Doppia identità
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