63.

Ottobre 2007

Abby stava ridendo. Anche suo padre rideva.

“Che stupida che sei, l’hai fatto apposta, vero?”

“No, non l’ho fatto apposta, papà!”

Fecero entrambi un passo indietro, a contemplare la parete parzialmente piastrellata del bagno. Piastrelle bianche con una striscia ornamentale blu alternate ad altre blu tinta unita. Abby ne aveva appena messa una al contrario, così ora si vedeva la parte sottostante, grigia e ruvida, simile a un quadratino di cemento.

“L’idea era che tu mi aiutassi, ragazzina, non che mi facessi perdere tempo!”, la ammonì il padre.

Lei scoppiò in una risatina. “Non l’ho fatto apposta, papà, davvero.”

In tutta risposta, lui la colpì dritta in fronte con l’asciugamano, depositandole in faccia un piccolo grumo di malta.

“Ehi!”, protestò lei. “Non sono il muro di un bagno, non mi puoi piastrellare!”

“Oh sì che posso.”

La faccia di suo padre si oscurò, il sorriso svanì. Improvvisamente, non era più suo padre. Era Ricky.

Aveva in mano un trapano. Sorridendo, premette il grilletto. La punta prese a ronzare rumorosamente.

“Prima il ginocchio destro o prima il sinistro, Abby?”

Lei cominciò a tremare, il corpo ancora intrappolato dal nastro adesivo, le viscere contorte come se si volessero ritrarre, gridando in silenzio.

Poteva vedere chiaramente la punta del trapano. Roteava e roteava verso il suo ginocchio. A soli pochi centimetri di distanza. Stava gridando. Le guance le scoppiavano. Dalla sua bocca non uscì nulla, nemmeno un suono. Soltanto un gemito infinito, intrappolato.

Intrappolato nella sua bocca e nella sua gola.

Lui balzò in avanti con il trapano.

E, quando lei gridò di nuovo, la luce cambiò all’improvviso. Sentì l’odore umido e aspro della malta fresca, vide le piastrelle color crema. Stava iperventilando. Non c’era nessun Ricky. Poteva vedere la borsa di plastica lì dove lui l’aveva lasciata, intatta, appena oltre la porta. Si sentiva la pelle scivolosa per il sudore. Udiva il ronzio incessante della ventola, sentiva sulla pelle umida la corrente fredda che generava. L’interno della sua bocca sembrava essersi appiccicato, fuso insieme. Era così secca, così assolutamente riarsa. Soltanto una goccia. Solo un piccolissimo bicchiere d’acqua. Per favore.

Fissò di nuovo le piastrelle.

Dio, l’ironia di essere imprigionata proprio lì. Di fronte a quelle piastrelle. Così vicina. Così maledettamente vicina! La sua mente lavorava frenetica. In qualche modo doveva arrivare a Ricky. Fare in modo che lui le togliesse il nastro adesivo dalla faccia. E, se al suo ritorno fosse stato razionale, era esattamente ciò che avrebbe dovuto fare.

Ma Ricky non era razionale.

E quel pensiero ora le faceva gelare ogni cellula del corpo.

Doppia identità
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