7.
11 settembre 2001
Lorraine Wilson era in topless su una sdraio in giardino a cogliere gli ultimi raggi di sole dell’estate nel tentativo di prolungare l’abbronzatura. Attraverso gli ampi occhiali da sole ovali guardò l’orologio – il Rolex d’oro che Ronnie le aveva comprato per il suo compleanno, in giugno, e che aveva insistito fosse originale. Lei, però, non gli credeva. Conosceva Ronnie molto bene. Non avrebbe mai speso diecimila sterline potendo comprare una copia identica per cinquanta. E sicuramente non in quel momento, con tutte le preoccupazioni finanziarie che aveva.
Non che parlasse mai con lei dei suoi problemi, ma Lorraine lo indovinava dal modo in cui, negli ultimi tempi, aveva stretto i cordoni della borsa su tutto, controllando i conti del supermercato, lamentandosi dei soldi che spendeva in vestiti, per farsi i capelli e persino per i pranzi con le amiche. Intere parti della casa erano trascurate in modo imbarazzante, ma Ronnie le aveva inpedito di chiamare l’arredatore, dicendole che dovevano fare economie.
Lorraine lo amava profondamente, ma c’era una parte di lui che non sarebbe mai riuscita a raggiungere, come se Ronnie avesse uno scomparto segreto in cui teneva chiuso il suo dèmone privato e lo combatteva da solo. Lei sapeva ben poco di quel dèmone, ma aveva un’idea di cosa fosse: la sua determinazione a dimostrare al mondo intero, e in particolar modo a tutti quelli che lo conoscevano, di essere un uomo di successo.
Era il motivo per cui aveva comprato quella casa, appena fuori Shirley Drive, una casa che in realtà non potevano permettersi. Non era grande, ma era in una delle zone residenziali più costose di Brighton e Hove, un’area tranquilla, collinosa, formata da ville singole con grandi giardini lungo ampi viali alberati. E, visto che la casa era moderna, disposta su più livelli, aveva un aspetto diverso dalla maggior parte delle consuete case edoardiane in finto stile Tudor che erano la norma nella zona; per questo, la gente non si accorgeva di quanto fosse piccola in realtà. Il portico in legno di teak e la piscina aggiungevano un tocco di glamour alla Beverly Hills.
Erano le due meno dieci del pomeriggio. Era carino da parte sua averla chiamata. I fusi orari la confondevano sempre: trovava strano che lui stesse facendo colazione mentre lei pranzava a base di formaggio e mirtilli. Era felice che Ronnie tornasse quella sera. Sentiva sempre la sua mancanza quando non c’era – e, sapendo che era un donnaiolo, si chiedeva sempre che cosa combinasse quando era solo. Ma quello era un viaggio breve: appena tre giorni, niente di drammatico.
Quella parte del giardino era completamente privata, riparata dagli occhi dei vicini mediante un alto graticcio ornato da edera naturale e da un cespuglio di rododendro tanto incolto da dare l’impressione che aspirasse a diventare un albero. Osservò il pulitore elettronico della piscina che andava su e giù nell’acqua azzurra, creando increspature concentriche. Alfie, il loro gatto tigrato, sembrava aver trovato qualcosa di interessante dietro il rododendro e stava passando al piccolo trotto, fissando un punto davanti a sé. Si fermava e ripartiva, lentamente, con lo sguardo sempre fisso.
Non si sa mai cosa stanno pensando i gatti, rifletté Lorraine. In effetti, Alfie era un po’ come Ronnie.
Mise il piatto a terra e prese la copia del Daily Mail. Aveva ancora un’ora e mezzo prima dell’appuntamento dal parrucchiere. Aveva intenzione di farsi fare dei colpi di sole e poi una manicure. Ci teneva essere sempre bella per lui.
Godendosi i raggi caldi del sole, voltò le pagine del quotidiano. Tra poco si sarebbe alzata e gli avrebbe stirato le camicie. Ronnie poteva anche comprare orologi falsi, ma con le camicie non scherzava: le comprava tutte in Jermyn Street, a Londra. Era ossessionato dal fatto che fossero stirate nel modo giusto. Ora che la donna delle pulizie se n’era andata – era rientrata nel piano di economie degli ultimi tempi – doveva fare tutti i mestieri di casa da sola.
Sorridendo, ripensò ai primi tempi con Ronnie, quando le piaceva davvero lavare e stirare. Dieci anni prima, quando si erano conosciuti, Lorraine lavorava come dimostratrice al duty free dell’aeroporto di Gatwick e Ronnie stava tentando di rimettere insieme i pezzi della sua vita dopo che la sua bellissima moglie senza cervello era fuggita a Los Angeles per accasarsi con uno che aveva incontrato una sera a Londra, un regista che l’avrebbe fatta diventare una star.
Ricordava la loro prima vacanza in un piccolo appartamento poco fuori Marbella affacciato sull’ormeggio degli yacht di Puerto Banus. Ronnie beveva birra sulla terrazza, guardando gli yacht con invidia, e le aveva promesso che un giorno avrebbero posseduto lo yacht più grande della baia. E Ronnie sapeva come parlare a una donna, eccome. In quello era un vero maestro.
E a lei piaceva lavargli i vestiti. Sentire le sue magliette, i suoi costumi da bagno, la biancheria, i calzini e i fazzoletti tra le mani. Inspirare il suo odore di maschio sul tessuto. Era una profonda soddisfazione stirare quelle splendide camicie e poi osservarlo mentre le indossava, come se stesse portando sulla pelle una parte di lei.
Ora era solo routine, e Lorraine si era scoperta a provare risentimento per la sua meschinità.
Tornò all’articolo sulla terapia di sostituzione ormonale che stava leggendo. Il dibattito era se la riduzione dei sintomi della menopausa – e il mantenimento di un aspetto giovanile – valesse il rischio di cancro al seno e altri orrori. Una vespa le ronzò intorno alla testa e lei la scacciò con un movimento della mano, poi interruppe la lettura e abbassò lo sguardo sul suo seno. A due anni dai quaranta, tutto stava iniziando ad andare verso il basso, tranne i suoi costosissimi seni artificiali.
Lorraine non era una bellezza sconvolgente e priva di difetti, ma era sempre stata – secondo la definizione di Ronnie – una sventola. I capelli biondi li doveva alla nonna norvegese. Non molti anni addietro, come un miliardo di altre bionde sparse in tutto il mondo, aveva copiato la pettinatura, ora diventata un classico, di Lady D, e in un paio di occasioni le avevano addirittura chiesto se era lei la Principessa del Galles.
Ora, pensò cupamente, dovrò fare qualcosa per il resto del mio corpo.
In quella posizione sulla sdraio, la sua pancia sembrava il marsupio di un canguro. Come quella delle donne che avevano avuto figli, quando il tono muscolare se ne è andato e la pelle ha definitivamente perso elasticità. E nella parte superiore delle cosce c’erano fossette di cellulite.
E tutto quel disastro stava succedendo al suo corpo nonostante (e con grande fastidio di Ronnie per la spesa) andasse dal personal trainer tre volte a settimana.
La vespa tornò, ronzandole intorno alla testa. “Vaffanculo”, sbottò Lorraine, agitando di nuovo la mano. “Vattene.”
Poi squillò il telefono. Lorraine si chinò e raccolse il cordless da terra. Era sua sorella Mo, e la sua voce, di solito calma e allegra, sembrava stranamente agitata. “Hai la televisione accesa?”
“No, sono fuori in giardino”, rispose Lorraine.
“Ronnie è a New York, vero?”
“Sì, gli ho appena parlato. Perché?”
“È successa una cosa terribile. È su tutti i telegiornali. Un aereo si è appena schiantato sul World Trade Center.”