91.

Ottobre 2007

Abby attraversò di corsa la stanza buia, inciampando su un pouf di pelle, e arrivò a tastoni fino al bagno. Trovò il lavandino e ci vomitò dentro, lo stomaco sottosopra, i nervi a pezzi.

Fece scorrere l’acqua, si sciacquò la bocca e accese la luce, respirando profondamente. Ti prego non farmi avere un altro attacco di panico. Rimase aggrappata al bordo del lavandino, gli occhi pieni di lacrime, terrorizzata che Ricky potesse arrivare da un momento all’altro.

Doveva andarsene da lì, e doveva tenere a mente perché lo stava facendo. Una vita decente per sua madre. Era per questo, tutto per questo. Senza i soldi, gli ultimi anni di vita della madre sarebbero stati veramente tristi e orribili. Doveva aggrapparsi a questo, a quell’idea.

E concentrarsi su ciò che era in serbo per lei: Dave, in attesa del messaggio di via libera.

Non mancava che una transazione per offrire a sua madre un futuro degno di essere vissuto. E Abby era a un solo aereo di distanza dalla vita che aveva sempre promesso a se stessa.

Ricky era un bastardo. Un sadico. Ma era un assassino? Abby non lo credeva.

Sapeva di doverlo affrontare, tenergli testa, dimostrarsi forte. Era l’unico linguaggio che un bullo come lui poteva capire. E non era un uomo stupido, anzi. Rivoleva tutto. E non si sarebbe sporcato le mani con una vecchietta malata, salvo che potesse cavarne qualcosa.

Dio, ti prego.

Abby tornò in soggiorno aspettando che Ricky si facesse vivo, pronta a interrompere la chiamata non appena il cellulare avesse iniziato a squillare. Poi, con il cuore in gola, terrorizzata all’idea di stare per commettere un terribile errore, uscì di soppiatto dall’appartamento, avanzò nel corridoio buio e raggiunse la porta della scala antincendio al primo piano.

 

* * *

Qualche minuto dopo, dal telefono nell’appartamento di Doris, compose un numero. Rispose un uomo dalla voce educata e calma.

“Posso parlare con Hugo Hegarty?” chiese Abby.

“Sono io.”

“Mi dispiace di chiamarla a quest’ora, signor Hegarty”, disse Abby. “Ho una collezioni di francobolli che vorrei vendere.”

“Sì?” L’uomo pronunciò la parola in tono pensoso, come se stesse riflettendo. “Cosa mi può dire dei pezzi in questione?”

Abby gli descrisse ogni francobollo nei minimi dettagli. Ormai li conosceva così bene che nella sua memoria erano chiari e nitidi come una fotografia. L’uomo la interruppe un paio di volte, chiedendole informazioni più specifiche.

Quando Abby ebbe finito, Hugo Hegarty rimase stranamente in silenzio.

Doppia identità
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